IL TERREMOTO, ATTO SECONDO

2 Aprile 2017

Paolo Bonacini, giornalista

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A volte una fotografia dice più di cento parole. E’ il caso della storia dell’amianto che la Bianchini Costruzioni srl di San Felice Sul Panaro mescolava ai detriti utilizzati nella ricostruzione post terremoto per pavimentare i cantieri di scuole ed edifici pubblici. Già questo fatto, portato alla luce dalle indagini che precedono il processo Aemilia, fa venire il voltastomaco e ne abbiamo ampliamente parlato (nell’articolo “Il terremoto”, pubblicato in questa rubrica il 13 marzo 2017). Ma poiché non c’è mai fine al peggio, una seconda puntata alla storia di quell’azienda e delle sue relazioni (da un lato con gli uomini e le imprese della ‘ndrangheta, dall’altro con gli uomini e le amministrazioni dello Stato) l’ha aggiunta in aula giovedì 30 marzo l’amministratore giudiziario avvocato Rosario Di Legami. Che non si è limitato ad una minuziosa ricostruzione del proprio tentativo/lavoro di salvataggio dell’azienda finita in concordato e poi in fallimento ma ha portato, appunto, alcune fotografie a corredo delle proprie affermazioni. Ne pubblichiamo tre, per rendere chiaro a tutti di cosa stiamo parlando.

La prima ci mostra (è quella a sinistra) la frazione di San Biagio nel 2014 e la confrontiamo con una foto scaricata da Google: si vede il gruppo di costruzioni con la chiesa e la sagrestia (in alto), il cimitero (al centro) e un grande campo sportivo (a destra) dove ogni anno attorno al 20 agosto si tiene la festa della Beata Vergine delle Grazie, con mostra di trattori d’epoca e tutto quanto profuma di sagra.

Nella foto a sinistra si vedono quelle tre aree contornate con il pennarello rosso, in cui si notano tanti puntini bianchi. Non sono auto parcheggiate per la sagra; sono “Big Bags”, grandi sacchi, al cui interno si trovano i detriti con l’amianto.

Le condizioni di questi sacchi l’avv. Di Legami le mostra con la seconda foto.

La protezione è deteriorata, ci sono buchi ed è presumibile la dispersione di materiale nocivo nell’ambiente. Erano lì, all’aria aperta, a pochi metri da una chiesa, un asilo, un cimitero. Dalla vita di tutti i giorni, alla portata di tutti. E ci sono rimasti per tre anni.

Il 29 settembre 2014 il sindaco di San Felice Alberto Silvestri dichiarava in consiglio comunale che “Vicende come queste sono molto delicate e richiedono la massima attenzione da parte di tutti vista la delicatezza del tema”. Fatta tale fondamentale premessa disse anche, forse per non destare eccessivo allarme, che la storia era iniziata nel settembre 2012 con il ritrovamento di “alcuni frammenti di cemento amianto” nel materiale utilizzato a San Biagio per costruire un parcheggio vicino al campo tende del terremoto.

Poco più avanti nella esposizione il sindaco diede una misura di peso dei “frammenti”. Disse che “dalle stime fatte il materiale inquinato o potenzialmente tale si aggira tra le 90.000 e le 100.000 tonnellate”. Alla faccia.

La terza foto (a sinistra) è impressionante per le dimensioni, che però si faticano a comprendere. L’ideale è confrontarla con quella di destra, nella quale le tre “montagne blu” di sinistra sono ancora nere e se ne apprezzano i volumi rispetto ai vicini stabilimenti.


Questa è la sede a San Felice sul Panaro della Bianchini Costruzioni srl. Augusto Bianchini pagava per quell’area un canone d’affitto di 17.500 euro al mese a Bruna Braga (sua moglie), titolare della Dueanne sas, proprietaria di terreno e immobili. Per l’amm. giudiziario le due società erano un tutt’uno. Ma torniamo alla foto: cosa c’è sotto quei teli? Macerie con amianto mescolato a terra. Le coperture nere della foto di destra nel 2014 erano marce, dice l’avvocato, e furono sostituite nel periodo del concordato preventivo con i teli blu scuro (che si vedono sullo sfondo) delle due montagnole più piccole nella foto di sinistra. Anche questi però si sono rapidamente deteriorati e l’avv. Di Legami ha provveduto a mettere in sicurezza la montagna più grande con una nuova copertura, ultimata poche settimane fa nel febbraio 2017, la cui tenuta è garantita cinque anni.

Quanto amianto c’è lì sotto? Di Legami spiega che un preventivo richiesto prima del fallimento aziendale e del suo arrivo parlava di 24 milioni di euro necessari allo smaltimento in discariche specializzate. Imprese contattate in seguito ritengono si possa fare il lavoro con “soli” 15 milioni. Abbiamo verificato che la stima del costo “chiavi in mano” per questo tipo di smaltimenti è di circa 10 euro al metro quadro di fibrocemento, per un peso equivalente di 15 chilogrammi. Si arriva così ad un totale che oscilla tra le 22mila e le 36mila tonnellate. Un terzo circa del materiale inquinato di cui è responsabile la Bianchini Costruzioni si trova in sede; l’altro è (o era) in giro per il territorio.

15 o 24 milioni non fa grande differenza per una azienda fallita e senza soldi che un amministratore giudiziario sta cercando di mantenere in vita (l’avv. Di Legami c’è riuscito, ottenendo la riammissione alla White List, la certificazione Soa necessaria alle gare pubbliche ed in seguito ottenendo quattro appalti, con speranze di continuità per gli oltre cento dipendenti vittime di questa storia). Per inciso queste cifre spaventerebbero anche aziende in buona salute e forse il costo esorbitante degli smaltimenti leciti e corretti è uno dei motivi alla base di quelli illeciti e devastanti per ambiente e salute. La DDA di Bologna ha recentemente sequestrato documenti relativi alla discarica di Poiatica, in provincia di Reggio Emilia. E se l’interesse arriva dalla Direzione Antimafia, non c’è da stare allegri. Comunque: o così o ti arrangi. E di conseguenza l’avvocato Di Legami si è rivolto agli Enti Pubblici: Comune, Provincia, Regione, per cercare aiuti economici e capire se fosse possibile utilizzare bandi e fondi europei. Niente. “Non ci è arrivato un solo euro”, dice in aula Di Legami: nessuno ci ha aiutato. Quindi anziché smaltire in discarica si è deciso di coprire sul posto, utilizzando quella copertura della foto costata 30mila euro. Lo stesso Di Legami, autorizzato dal giudice per le indagini preliminari di Aemilia dott. Ziroldi, aveva risolto rapidamente nell’estate 2015 il problema dei sacchi di amianto a San Biagio, anche in questo caso senza un euro messo a disposizione da enti o associazioni d’imprese locali ma utilizzando solamente i fondi dell’Amministrazione Giudiziaria.

E’ di conseguenza abbastanza comprensibile, sapendo com’è andata, che al dott. Di Legami abbia dato un certo fastidio, nell’ottobre del 2016, la lettera arrivata come un fulmine a ciel sereno dal Comune, nella quale il sindaco di San Felice Alberto Silvestri (a sua volta sollecitato da Arpa, l’agenzia di protezione ambientale) gli imponeva perentoriamente di portare via dalla sede della Bianchini Costruzioni quelle montagne di rifiuti contaminati. Tempo concesso per lo smaltimento in discarica: una settimana, dopo la quale sarebbero scattati provvedimenti. Dice (le parole non sono esatte, il senso sì) Di Legami in aula durante la sua testimonianza: “Mi permetta signor giudice di rappresentarle che, visto il tono piuttosto severo, quasi da ultimatum, della missiva del sindaco, ho ritenuto necessario e doveroso in autotutela di rispondergli con altrettanto rigoroso cipiglio”.

Il dott. Rosario Di Legami esercita normalmente a Palermo, in Sicilia, e dall’isola ha portato al nord un linguaggio sempre assai rispettoso, benchè colorito, dotto e ridondante, dietro il quale solo attraverso la fantasia o i velati accenni è possibile cogliere la vera sostanza del messaggio. Che per quanto riguarda la missiva in oggetto ci spingiamo ad immaginare, rischiando di sbagliare, potesse consistere in un vigoroso ed essenziale: “Ma vai a quel paese”.

 

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