Dati occupazione: l’ottimismo del Governo alla prova dei numeri e’ un illusione.
IN PROVINCIA LA DISOCCUPAZIONE AUMENTA DEL 9,9% E I GIOVANI AVVIATI AL LAVORO CALANO DEL 2%
Per prendere forma intellegibile i numeri hanno sempre bisogno di analisi e interpretazioni. Così, lo sbandierato entusiasmo con cui il governo ha pubblicizzato i recenti dati Istat sull’occupazione, a ben guardare, si rabbuia in una fotografia meno ottimistica.
E vediamo che i tre punti principali su cui si è dato forza al Jobs act e alla riforma del lavoro nel primo semestre 2015 non trovano realizzazione.
La disoccupazione non è calata. Anzi nella nostra provincia aumenta del 9,9% rispetto al primo semestre 2014 e si attesta al 6,6%. L’occupazione giovanile non è cresciuta. I giovani sono penalizzati da numeri che li inchiodano a condizioni di precarietà fino ad oltre i 30 anni. Il 29,30% degli iscritti ai Centri per l’impiego della nostra Provincia è composto da giovani fino a 34 anni. Un dato che non da segni di miglioramento rispetto allo scorso anno. Gli avviamenti al lavoro in questa fascia calano dell’1,9% rispetto allo periodo dello scordo anno e rappresentano il 45% totale.
Il Governo ha l’obiettivo di dimostrare che tutti i provvedimenti che vanno sotto il titolo “Jobs Act” producono immediati risultati nella riduzione della disoccupazione, che in Italia è pari 12,7% (Dicembre 2014). Provvedimenti tra i quali la possibilità per le imprese di assumere con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti (dove le tutele sono rappresentate solo dall’incremento delle mensilità di risarcimento del danno in rapporto all’anzianità del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo) e l’introduzione di uno sgravio contributivo di € 8.060 annui per tre anni in caso di assunzioni a tempo indeterminato – ora a tutele crescenti – nel periodo 1/1/2015 – 31/12/2015.
Tali misure, indicate come necessarie per sbloccare il mercato del lavoro, non hanno prodotto risultati sostanziali e capaci di segnare un cambio di passo.
In alcun modo, infatti, sono state capaci di scalfire la condizione di precarietà occupazionale che permea il nostro mercato del lavoro. Siamo oggi meno precari?
Se può apparire consolatorio registrare un aumento degli avviamenti al lavoro, rispetto allo stesso semestre dell’anno scorso, del +5,45% vediamo che la “qualità” degli avviamenti stessi rimane saldamente tipicizzata per l’85,5% in rapporti di lavoro a termine o precario.
Allo stesso modo potrebbe essere confortante pensare che l’incremento del 2,9% dei rapporti a tempo indeterminato segni una svolta, ma leggendo attentamente i dati si può facilmente presupporre che l’incremento sia prodotto dalla stabilizzazione di rapporti di lavoro precario già in essere allo scopo di usufruire degli sgravi contributivi di cui sopra.
Facciamo allora un po’ di conti: i tempi determinati calano del 1%, i co.co.pro dello 0,9%, il lavoro a chiamata del 1,1% per un totale del -3%. I rapporti a tempo indeterminato crescono di contro del +2,9%. Un controbilanciamento di percentuali da cui si evince che il numero degli occupati non aumenta realmente, piuttosto si stabilizza l’occupazione esistente.
Se a questi dati aggiungiamo che anche per i mesi di luglio e agosto 2015 l’utilizzo degli ammortizzatori sociali ha riguardato 10.386 lavoratrici e lavoratori (759 in meno rispetto a giugno 2015) possiamo affermare che la crisi non è finita e che il processo non è in fase di reversione.
Nell’enorme sbronza ottimistica della ripresa produttiva ed occupazionale, questo governo ha inoltre approvato, nel Consiglio dei ministri di ieri, un decreto relativo alla drastica riduzione degli ammortizzatori sociali sulla scia dello smantellamento iniziato dalla riforma Fornero.
“Ciò che si sta verificando continua purtroppo ad essere il progressivo smantellamento dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori – sottolinea Guido Mora, Segretario provinciale CGIL Reggio Emilia – con la convinzione che le imprese, liberate da lacci e lacciuoli, possano (prima o poi) competere con il costo del lavoro dei paesi dell’Est Europa e con la Cina. Inoltre, la pesantissima riduzione delle risorse alle Regioni e ai Comuni sta riportando a carico dei cittadini, lavoratori e pensionati, i costi dei servizi, della sanità e dell’istruzione, con l’effimera promessa di liberare così risorse per investimenti utili al rilancio dell’economia. Rilancio di cui ad oggi non abbiamo notizia”.
DETTAGLIO DEI DATI RELATIVI ALLA PROVINCIA DI REGGIO EMILIA.
DISOCCUPAZIONE: registriamo che, tra il primo semestre 2014 e il primo semestre 2015, lo stock dei disoccupati è aumentato del 9,9% ( pari a +3.110 unità). Che il 52,58% dei disoccupati è iscritto nelle liste dei Centri per l’impiego da oltre 12 mesi e che la disoccupazione cresce tra gli stranieri con un aumento del 6,4% ( pari a + 579 unità). Aggiungiamo un dato che ci sembra significativo relativamente alla disoccupazione straniera che incide, sul totale della disoccupazione provinciale, per il 27,81% . A livello complessivo il tasso di disoccupazione registrato in provincia di Reggio Emilia nel 2014 è pari al 6,6%, in aumento del 4,2% rispetto al 2008 anno di inizio della crisi. Rispetto alla percentuale media dell’Emilia Romagna è un dato inferiore del 1,7%, rispetto al dato nazionale è più bassa del 6,1%.
AVVIAMENTI e CESSAZIONI DI RAPPORTI DI LAVORO: Sul versante occupazionale i lavoratori coinvolti in avviamenti nel primo semestre 2015 sono stati 1.645 in più rispetto allo stesso periodo del 2014(+5,45%) in particolare i lavoratori avviati presentano saldi positivi nei centri impiego Montecchio (S. Ilario) + 17,66; Castelnovo Monti +16,94; Correggio + 13,90; Guastalla+ 10,26. Hanno invece un saldo negativo Reggio Emilia con -0,06 e Scandiano -1,49
In totale i lavoratori “avviati” sono stati 31.842 mentre quelli “cessati”sono stati 27.770, con un saldo positivo di 4.072 .
Il numero rapporti di lavoro attivati nel primo semestre 2015(ricordando che ogni lavoratore può avere anche più rapporti di lavoro e che la media è di 1,54), rispetto al primo semestre 2014, è di 49.175 (+5,43%) Considerando le cessazioni si conta il 5,3% di rapporti di lavoro in più rispetto all’anno precedente
Rispetto ai rapporti di lavoro si contano 44.352 cessazioni, con un saldo positivo di 4.823 (+9,80%rapporti di lavoro rimasti in essere rispetto al primo semestre 2015 (rispetto al primo semestre 2014 +2.624 (4,71%))
Si registra un incremento del 2,9% degli avviamenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato (+1727 lavoratori) diminuisce del”1% il tempo determinato; diminuiscono dello 0,9% i rapporti co.co.pro; diminuisce dell’1,1% il lavoro a chiamata o intermittente; diminuiscono dello 0,6% gli avviamenti con contratto di apprendistato, perché è molto più conveniente assumere con gli sgravi governativi.
Crescono dello 0,4% i tirocini (che non sono rapporti di lavoro e non prevedono retribuzioni ma solo un modesto rimborso spese).
TABELLA 1
TABELLA2
TABELLA3