Gli artisti e le opere
Galleria virtuale delle opere acquisite dal 1988 per l’arredo del palazzo Guicciardi-Guidotti, sede della Camera del lavoro Territoriale di Reggio Emilia e delle sedi di zona
ADAMI VALERIO
Muove i suoi primi passi da pittore presso lo studio di Felice Carena, a Venezia, nel 1945. Sei anni più tardi conosce Oskar Kokoschka, segue i corsi di disegno tenuti da Achille Funi presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e si reca per la prima volta a Parigi. Dal 1958 inizia una serie di prolungati soggiorni in vari paesi europei ai quali alterna viaggi in America Latina e in India. Nel 1964 partecipa a Documenta III a Kassel. Due anni dopo espone alla Galleria Schwarz e allo Studio Marconi a Milano prima di trasferirsi a New York dove sviluppa una ricerca legata al sociale con un linguaggio basato su vivaci superfici di colore piatto, definite da un segno netto e incisivo. Nel 1968 ha una sala alla Biennale di Venezia. Successivamente, soggiorna a Cuba con Wilfredo Lam ed espone a Boston all’Institute of Contemporary Art e al Jewish Museum di New York. Nel 1970 il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris gli dedica una grande mostra. Sette anni dopo Jacques Derrida pubblica La verité en peinture con un saggio su di lui. Stabilitosi nel Principato di Monaco (1981), dal 1984 smette di datare le sue opere e, l’anno seguente, tiene una grande personale al Centre Pompidou di Parigi. In occasione del bicentenario della Rivoluzione Francese, realizza un grande affresco per la facciata del Théatre du Chatelet di Parigi. All’inizio degli anni Novanta soggiorna ed espone in Sud America. Tornato in Europa, nel 1995 crea l’Istitut du Dessin e cinque anni dopo, a Meina, sul Lago Maggiore, dà vita alla Fondazione Europea del Disegno.
ALINARI LUCA
Il suo percorso inizia con una riflessione critica sulla Pop Art con scelte iconografiche raffinate che, attingendo all’illustrazione per l’infanzia, arrivano alla comunicazione pubblicitaria. La sua prima mostra personale si tiene alla Galleria Inquadrature di Firenze, nel 1968. All’inizio degli anni Settanta realizza, con taglio ironico e colori vivaci, un ciclo di interni in spazi abitativi che esporrà nel 1972 in una personale alla Galleria Michaud di Firenze. Dopo aver preso parte alla mostra Tipologia/topologia del figurativo negli anni Settanta in Italia (Montauro 1976), nel 1979 espone alle rassegne Ars combinatoria, presso la Galleria d’Arte Moderna di Bologna e Testuale: le parole e le immagini, alla Rotonda della Besana di Milano. Le sue opere sono caratterizzate dal libero assemblaggio di elementi figurativi che si organizzano come un racconto fantastico dalla forte valenza onirica. Nel 1984 partecipa a Finestra italiana, mostra allestita presso i Magazzini del Sale a Siena. Successivamente espone alla Casa del Mantegna a Mantova, alla rassegna Anniottanta a Rimini e alla Quadriennale di Roma del 1986. Nel 1993 tiene una grande antologica al Palazzo dell’Arengario di Milano. Vive e lavora a Firenze.
BARTOLI ARNALDO
(Reggio Emilia, 1900 – Guastalla Reggio Emilia, 1993)
Pittore del Po e delle vicende della bassa reggiana.
BENATI DAVIDE
Conseguito il diploma al Liceo Artistico di Modena si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Il suo esordio espositivo avviene a Milano nel 1972 presso la Galleria Il Giorno. Negli anni successivi partecipa a numerose rassegne personali e collettive. Nel 1982 espone alla Biennale di Venezia (dove nel 1990 avrà una sala personale). Quattro anni più tardi partecipa alla Quadriennale di Roma. Nella sua pittura, in cui domina l’uso dell’acquerello e della carta, l’ambiguità tra figurazione e astrazione si gioca sulla dialettica tra lo spazio e un colore, a seconda del caso, vivace e profondo o finemente trasparente. Sue mostre antologiche si tengono alla Galleria Civica di Arte Moderna a Modena (1990) e ai Musei Civici di Reggio Emilia (1992). Nutrito anche l’elenco delle mostre collettive cui prende parte (Anniottanta, Bologna 1985; Terza Triennale Internazionale di Norimberga, 1985; Dopo il Concettuale, Trento 1986; Itinerari di arte contemporanea, Lisbona 1986; Biennale Internazionale del Cairo, 1995). Nel 2000 espone presso la Città del libro di Aix-En-Provence in Francia e, nel 2003, tiene una personale nelle sale di Palazzo Magnani a Reggio Emilia. È titolare della cattedra di Pittura all’Accademia di Brera a Milano.
BENEDINI GABRIELLA
Per la sua naturale inclinazione al disegno e alla pittura si iscrive all’Istituto d’Arte Paolo Toschi di Parma. Terminate le scuole superiori frequenta i corsi dell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, prendendo parte al dibattito culturale della città. Tra il 1958 e il 1959, durante un lungo soggiorno parigino, tiene due personali presso le gallerie AG e Ror Wolmar. Dopo il rientro a Milano, partecipa alla collettiva Sei pittori milanesi a Denver (Colorado, Usa). L’anno seguente allestisce una sua personale negli spazi della Galleria Bergamini di Milano e, nel 1965, figura tra gli artisti invitati alla Quadriennale di Roma. Gli anni Settanta si aprono per l’artista con una personale al Palazzo dei Diamanti di Ferrara (1971), con la partecipazione al «Premio Michetti» a Francavilla (Pescara) e la personale alla Galleria Correggio di Parma. I lavori di questo periodo sono pervasi da un senso di angoscia esistenziale che caratterizza paesaggi aridi e silenti. L’artista vive e opera a Milano.
BERETTI ERMANNO
Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, nel 1978 si affaccia al panorama artistico con decorazioni ambientali in cui sperimenta gli studi sul colore e sulla percezione appresi dai suoi maestri d’Accademia, Luigi Veronesi, Davide Boriani, Gabriele De Vecchi, Alik Cavaliere. Contemporaneamente è attratto dal design, e si industria nella realizzazione di strutture ludico-pedagogiche per l’infanzia. Dalla fine degli anni Settanta il suo lavoro viaggia sui binari di una ricerca incentrata sulla geometria delle forme e sullo spazio, facendo uso del neon e insistendo su composizioni di notevoli dimensioni in un continuo tendere a coinvolgere lo spazio circostante. In seguito vi è un ritorno alla pittura: dettagli ripresi dalla storia dell’arte, tuttavia ancora isolati entro forme geometriche in cui si inseriscono luci al neon. Negli ultimi anni Beretti ha continuato questo ricorso alla citazione inserendo su grandi superfici (spesso carta da pacco) uno spazio centrale, di forma ovale, in cui anima scenette di sapore metafisico. Vive e lavora a Carpineti (Reggio Emilia).
BONAZZI EMMA
Terminati gli studi liceali si iscrive all’Accademia di Belle Arti del capoluogo emiliano dove si diploma nel 1913. Nello stesso anno ottiene il Premio del Ministero della Pubblica Istruzione. Il suo esordio espositivo avviene alle mostre primaverili della Società Francesco Francia e ai premi «Curlandese di Bologna e «Ussi» di Firenze, ancor prima di conseguire il diploma accademico. Nel 1913 si aggiudica il premio «Città di Stoccolma» con l’opera Salomè, tela in cui pittura e ricamo si uniscono con grande originalità. A un anno dalla partecipazione alla seconda Secessione bolognese (1914), insieme a Protti, Corsi e Busi viene selezionata da una commissione della Fondazione Carnegie di Pittsburgh per partecipare all’Esposizione Internazionale di San Francisco. Conclusa la Grande Guerra, partecipa alla Mostra romana della Società Amatori e Cultori (1919) e più tardi espone alla Biennale di Venezia del 1920 e 1922, alla prima Biennale romana del 1921 e alla Primaverile fiorentina del 1922. Nel 1928, in occasione della Mostra Campionaria del Littoriale a Bologna, la Bonazzi svolge, nel padiglione dell’Isia da lei allestito, il tema del ciclo vitale del baco da seta. Con l’arrivo degli anni Trenta, l’artista stempera progressivamente il proprio linguaggio di ascendenza secessionista per approdare a forme déco e a modi novecentisti e tardo cubisti. Le innate doti nei settori della grafica, della pubblicità e della scenografia d’ambiente le consentono di collaborare per oltre un quindicennio con la Perugina. Con il passare degli anni, pur proseguendo nella propria ricerca, l’artista si trova sempre più ai margini del circuito delle mostre e delle gallerie.
CAPPELLO CARMELO
Terminati i corsi della Scuola d’Arte di Comiso, giovanissimo entra nello studio di Ettore Colla. Nel ’30 si trasferisce a Milano e con una borsa di studio segue i corsi dell’Istituto Superiore di Monza tenuti da Marino Marini. Nel 1938 espone alla sua prima personale nella Galleria Bragaglia di Roma. Tre anni dopo inizia a collaborare con Giò Ponti. Nel 1959 viene invitato a Documenta II a Kassel. Dopo un primo periodo figurativo subisce il fascino della scultura di Moore, per poi orientare la propria ricerca in direzione di soluzioni prossime a quelle dell’avanguardia russa di Tatlin, Pevsner e Gabo. Da queste suggestioni si muove poi verso una cifra originale basata su misurati ritmi lineari e volumetrie rigorose che costituiscono il nodo centrale del linguaggio della sua maturità. Nel 1994 la città di Ragusa inaugura la Civica Raccolta Cappello, frutto della donazione di 15 sculture e 20 opere grafiche che costituirono la base di partenza del Museo a lui dedicato nel 1955. Nel corso della sua carriera prende parte a diverse edizioni della Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma (1939, ’43, ’48, ’56, ’65, ’73, ’86) e alla Triennale di Milano.
CASCELLA TOMMASO
Viene introdotto alla pittura dal padre, Pietro Cascella. Studia e lavora a Roma, sviluppando un linguaggio indagatore, che tenta di stabilire un equilibrio fra pigmento e forme, fra una gestualità ricca e un’armonia di puro colore e pura forma. Nel 1985 realizza la prima personale presso la Galleria De Ambrogi di Roma, partecipa alla XX edizione di Art Basel ed espone alcuni suoi lavori a New York, presso la City Bank. Nel 1995 è nominato Accademico di San Luca per la scultura. L’anno dopo presenta suoi lavori alla XII Quadriennale di Roma. Da sempre attento alla dimensione ambientale delle sue opere, siano esse pitture o sculture, nel 2002 realizza un allestimento di dipinti di grandi dimensioni e opere bronzee negli ambienti del Palazzo Pretorio di Certaldo. Sue opere appartengono alle collezioni della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, del Kaohsiung Museum of Fine Arts di Taiwan, del Danubiana Meulensteen Art Museum di Bratislava, della Galleria Civica di Cento.
CODELUPPI TIZIANO
Tiziano Codeluppi è nato nel 1950 a Reggio Emilia, dove vive e lavora.
COLOMBARA PIERGIORGIO
Colombara frequenta il Liceo Artistico della sua città, successivamente si iscrive alla Facoltà di Architettura di Genova dove si laurea nel 1974. Nello stesso periodo è impegnato in opere pittoriche di grandi dimensioni, organizzate in cicli. Espone per la prima volta nel 1980 ad Albisola presso la Galleria Balestrino. A partire dai primi anni Ottanta si dedica esclusivamente alla scultura, sperimentando diversi materiali: metallo, vetro, specchio e cera. Lavora su diversi linguaggi, sperimentando possibili avvicinamenti fra arte e musica, e accostando nell’ultima produzione materiali leggeri e pesanti, come il bronzo e il vetro soffiato. Partecipa nel 1993 alla Biennale di Venezia. Vive e lavora a Genova.
CUNIBERTI PIRRO
Terminati gli studi presso la Regia Scuola per le Industrie Artistiche di Bologna (1942), si iscrive all’Accademia di belle Arti del capoluogo emiliano dove segue i corsi di Guidi, Morandi e Romagnoli. Consegue il diploma nel 1948, anno della Biennale di Venezia che gli farà conoscere Klee.
La sua prima mostra personale, allestita al Circolo di Cultura di Bologna, risale al 1957. Docente di pittura, grafica e ceramica all’Istituto d’arte di Bologna dal 1953 al 1978, a partire dai primi anni Cinquanta realizza opere con soggetti animali e paesaggi rielaborati in un ordito spaziale postcubista. Successivamente la sua ricerca pittorica si orienta verso il contesto sociale con intento satirico.
Memore della lezione kleeniana, l’artista elabora una maniera che si basa su un universo segnico allusivo e ironico che oscilla tra figurazione e astrazione lirica. Nelle opere di questo periodo segni, parole e immagini si fondono in suggestivi paesaggi interiori.
Con gli anno Ottanta, le trasaparenze della sua produzione precedente cedono a pennellate dense e pastose. Dopo la partecipazione alla Quadriennale di Roma del 1965, intensifica la sua attività espositiva con importanti personali a Ferrara (Palazzo dei Diamanti, 1981), Bologna (Pinacoteca Nazionale, 1984); Galleria Nuova, 2000, 1986), Roma (gallerie L’Arco, L’Oca, Il Segno, 1987), Milano (Studio Steffanoni, 1999).
A due anni dalla mostra antologica allestita nelle sale di Palazzo dei Diamanti a Ferrara, espone al Gran Palais a Parigi e, successivamente, alla Loggetta Lombardesca di ravenna (1998). Vive e lavora a Bologna.
DEL TURCO OTTAVIANO
Si trasferisce adolescente a Roma, dove inizia a lavorare e a coltivare l’interesse per la politica. Sindacalista per la FIOM prima, poi segretario aggiunto della CGIL. Deputato per tre legislature, è nominato Ministro delle Finanze nel 2000, e nel 2005 è eletto Presidente della Regione Abruzzo. Alla vita politica, accompagna un forte interesse per l’arte – letteratura e arti visive –, con una predilezione per la pittura. Le sue opere sono percorse da una vena intensa di lirismo, che sembra alleggerire la materia dei paesaggi, sospesi e carichi di luce. Predilige le carte e i pastelli, con cui ottiene segni condensati, sfumature preziose, illuminazioni sottili.
DELLA TORRE ENRICO
Terminati gli studi liceali, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Le opere giovanili, dipinti e incisioni all’acquaforte di chiara matrice informale, sono ispirate ai luoghi e alle atmosfere della Pianura Padana. Stabilitosi definitivamente a Milano (1955), tiene una personale alla Galleria dell’Ariete e si aggiudica il secondo premio per la litografia alla Biennale dell’Incisione Italiana a Venezia nel 1956. Nello stesso anno espone alla Quadriennale di Roma (vi tornerà nel 1959, ’65 e ’72). A partire dal 1958, terminato un breve soggiorno a Parigi, volge la sua ricerca verso soluzioni più strutturate, connotate da linee parallele orizzontali dai colori tenui. L’anno seguente, fedele a scansioni ritmiche per linee parallele, dipinge opere tracciate da diagonali nere. Dal 1968, la sua ricerca approda a forme liriche naturalistiche. Vince il Premio «Soranga» (1971) e, nel 1981, il Premio Internazionale «Lario» a Como. Dal 1983 integra alla sua ricerca l’uso del collage. In questi anni tiene importanti personali in Germania e, nel 1989, il Comune di Milano gli dedica una mostra al Padiglione d’Arte Contemporanea, subito seguita dalla partecipazione alla rassegna «Disegno italiano – Italiensche Zeichnungen 1908-1988» itinerante nei musei di Francoforte, Berlino e Zurigo. Aggiudicatosi il premio per l’incisione della Triennale di Milano (1994), successivamente gli vengono dedicate due importanti antologiche al Centro Studi Osvaldo Licini di Monte Vidon Corrado, nelle Marche (1997), e a Reggio Emilia (2000). Recentemente il Presidente della Repubblica lo ha insignito del titolo di «Accademico di Santa Lucia». Vive e lavora a Milano.
FERRI RINA
FONTANESI ANTONIO
Antonio Fontanesi (Reggio Emilia, 1818 – Torino, 1882), uno dei maestri della pittura romantica.
FORGIOLI ATTILIO
Frequenta l’Accademia di Brera di Milano, seguendo i corsi di Achille Funi. Realizza la prima mostra nel 1961 presso la Galleria Spotorno, dove presenta un nucleo di disegni. L’anno successivo espone una serie di opere su tela presso la Galleria S. Fedele di Milano, città dove vive e lavora. Interessato a sviluppare una ricerca eminentemente figurativa, alla sua pittura è sottesa una traccia di inquietudine vibrante, sia quando affronta temi difficili, legati alla violenza e alla paura, sia quando si avvicina all’elemento naturale del paesaggio. La composizione, luminosa e ben equilibrata, sembra voler scavare al di sotto delle apparenze. Nella produzione più recente, si fa sentire nella sua ricerca la matrice pop, per scelta di temi e soggetti, che indaga attraverso la messa a fuoco lenticolare di cose appartenenti alla realtà quotidiana.
GALLIANI OMAR
Frequenta l’Accademia di Brera di Milano, seguendo i corsi di Achille Funi. Realizza la prima mostra nel 1961 presso la Galleria Spotorno, dove presenta un nucleo di disegni. L’anno successivo espone una serie di opere su tela presso la Galleria S. Fedele di Milano, città dove vive e lavora. Interessato a sviluppare una ricerca eminentemente figurativa, alla sua pittura è sottesa una traccia di inquietudine vibrante, sia quando affronta temi difficili, legati alla violenza e alla paura, sia quando si avvicina all’elemento naturale del paesaggio. La composizione, luminosa e ben equilibrata, sembra voler scavare al di sotto delle apparenze. Nella produzione più recente, si fa sentire nella sua ricerca la matrice pop, per scelta di temi e soggetti, che indaga attraverso la messa a fuoco lenticolare di cose appartenenti alla realtà quotidiana.
GANDINI GINO
Gandini si forma all’Accademia di Bologna, seguendo l’insegnamento di Guidi e Morandi. Pittore paesaggista, si dedica anche al disegno, lavorando su paesaggi e su nature morte, coltivando la passione per i piccoli oggetti quotidiani, vasi di fiori in vedute d’interni quasi sospese. Partecipa a diverse edizioni della Quadriennale romana (VI, VII e VIII edizione). I suoi soggetti preferiti sono paesaggi lagunari intrisi di luce, mediterranei, o dolcemente collinari, facilmente riconoscibili in quel tratto di Appennino Emiliano, nei colli attorno a Bergonzano, dove il pittore si stabilisce e lavora.
GERRA MARCO
Compie la sua prima formazione a Modena, dove conosce Afro, Spazzapan e Corsi, e, a partire dal 1946, a Bologna, dove frequenta i corsi di Morandi e Guidi all’Accademia di Belle Arti. Nel 1955 è presente alla Quadriennale di Roma, nel 1958 rientra a Reggio, dove si interessa alle ricerche di ambito informale. Come racconta lo stesso artista in un’intervista successiva, in quel momento è vicino ad alcuni degli intellettuali emiliani più informati sulle nuove ricerche in ambito visuale, come Scolari, Bagni, Mattioli, con i quali entra in contatto e con cui frequenta il «Gruppo 63». Attraverso queste influenze realizza una produzione pittorica libera dal vincolo del reale, carica di colore e di spazialità ritmica. Successivamente, dopo una rimeditazione delle ricerche futuriste, abbandona lentamente la materia dell’informale per aderire a ricerche più rigorose, in senso geometrico. La sua pittura si fa seriale, definita dalla critica “frattale”.
GOLDONI MAURIZIO
Pochi elementi possediamo sulla vita dell’artista. Sappiamo che espone per la prima volta nel 1980 a Torino, realizzando una personale presso la Galleria Unde e nello stesso anno presso Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Nel 1983 e nel 1984 partecipa alle edizioni dell’Art Basel di Basilea. Dalla ricostruzione del suo curriculum espositivo possiamo ipotizzare come luogo di attività e lavoro privilegiato Reggio Emilia, dove peraltro nel 1985 realizza una personale presso i Musei Civici. L’artista, a partire da premesse astratto-geometriche, realizza sculture polimateriche, di impatto ambientale, attraverso l’uso di pigmenti brillanti stesi su lastre e forme trasparenti di plexiglas e carta, che ritaglia e piega secondo direttrici spaziali definite. Nella produzione successiva sperimenta l’acciaio, su cui stende vernici smaltate in un effetto nuovamente calibrato della forma. Negli stessi anni crea elaborazioni grafiche al computer, in cui sviluppa quelle stesse forme attraverso flussi informatici, studiandone i diversi assetti spaziali.
GRANDI R
GUTTUSO RENATO
Sin da bambino, animato da grande passione per il disegno e la pittura, frequenta la bottega dei fratelli Ducato, maestri nella decorazione di carretti siciliani. Nella seconda metà degli anni Venti, mentre è impegnato negli studi classici, impara i rudimenti della pittura negli studi di Emilio Murdolo e del futurista Pippo Rizzo. Per dedicarsi pienamente all’arte abbandona gli studi universitari. Nel 1931 espone alla I Quadriennale di Roma e, l’anno seguente, in una collettiva alla Galleria Il Milione a Milano. Nello stesso 1932 lavora come aiuto restauratore alla Galleria Borghese di Roma e stringe amicizia con Corrado Cagli.
Dal 1933 stabilisce la sua residenza nella capitale. In quel periodo inizia anche l’attività pubblicistica con articoli duramente polemici contro il movimento di Novecento italiano. Nei mesi trascorsi a Milano per il servizio militare (1935), entra in contatto con gli artisti e gli intellettuali che animeranno il movimento di “Corrente”. Nel 1935 partecipa alla II Quadriennale di Roma (vi tornerà ad esporre nel 1939, ’43, ’55, ’59, ’65, ’72, ’86) e nel 1936 alla Biennale di Venezia. Rientrato a Roma (1937), in qualità di critico avvia collaborazioni con i periodici “Le Arti”, “Il Selvaggio” e “Primato”. Nel 1938 tiene una personale alla Galleria la Cometa di Roma. Al “Premio Bergamo” del 1942 si aggiudica il secondo premio con la Crocifissione realizzata due anni prima.
Negli anni di guerra partecipa alla lotta partigiana e inizia la serie di tavole realizzate con inchiostri colorati Gott mit uns (1943-45). Successivamente si lascia sedurre dalla figurazione post-cubista di Picasso. La sua inclinazione per una pittura di impegno sociale avrà un ruolo fondamentale nell’ambito del Realismo italiano.
Nel dopoguerra aderisce Fronte Nuovo delle Arti, gruppo in aperta polemica con le tendenze formaliste di molta arte astratta. Nel 1952, ’54, e ’56 espone alla Biennale di Venezia (vi tornerà per l’ultima volta nel 1972). Con la fine degli anni Cinquanta la sua pittura accoglie influenze espressioniste. Dipinge La discussione (1959-60) che verrà acquistato dalla Tate Gallery di Londra.
Nel 1961 tiene una grande personale al Museo Puskin di Mosca. Quattro anni dopo realizza la sua unica grande scultura sul tema del “Lettore di giornale”. Nel 1971 gli vengono dedicate due grandi antologiche a Palazzo dei Normanni a Palermo e al Musèe d’Art Moderne de la Ville di Parigi. Nel 1972 pubblica il libro Il mestiere di pittore. L’anno seguente seleziona un nucleo di opere sue e di altri artisti per costituire la Galleria Civica di Bagheria. Nel 1982 gli viene allestita una grande mostra antologica al Centro di Cultura di Palazzo Grassi a Venezia. Tre anni più tardi espone a Palazzo Reale a Milano e affresca la volta del Teatro Lirico di Messina.
LAVAGNINO PIERLUIGI
Sin da bambino, animato da grande passione per il disegno e la pittura, frequenta la bottega dei fratelli Ducato, maestri nella decorazione di carretti siciliani. Nella seconda metà degli anni Venti, mentre è impegnato negli studi classici, impara i rudimenti della pittura negli studi di Emilio Murdolo e del futurista Pippo Rizzo. Per dedicarsi pienamente all’arte abbandona gli studi universitari. Nel 1931 espone alla I Quadriennale di Roma e, l’anno seguente, in una collettiva alla Galleria Il Milione a Milano. Nello stesso 1932 lavora come aiuto restauratore alla Galleria Borghese di Roma e stringe amicizia con Corrado Cagli.
Dal 1933 stabilisce la sua residenza nella capitale. In quel periodo inizia anche l’attività pubblicistica con articoli duramente polemici contro il movimento di Novecento italiano. Nei mesi trascorsi a Milano per il servizio militare (1935), entra in contatto con gli artisti e gli intellettuali che animeranno il movimento di “Corrente”. Nel 1935 partecipa alla II Quadriennale di Roma (vi tornerà ad esporre nel 1939, ’43, ’55, ’59, ’65, ’72, ’86) e nel 1936 alla Biennale di Venezia. Rientrato a Roma (1937), in qualità di critico avvia collaborazioni con i periodici “Le Arti”, “Il Selvaggio” e “Primato”. Nel 1938 tiene una personale alla Galleria la Cometa di Roma. Al “Premio Bergamo” del 1942 si aggiudica il secondo premio con la Crocifissione realizzata due anni prima.
Negli anni di guerra partecipa alla lotta partigiana e inizia la serie di tavole realizzate con inchiostri colorati Gott mit uns (1943-45). Successivamente si lascia sedurre dalla figurazione post-cubista di Picasso. La sua inclinazione per una pittura di impegno sociale avrà un ruolo fondamentale nell’ambito del Realismo italiano.
Nel dopoguerra aderisce Fronte Nuovo delle Arti, gruppo in aperta polemica con le tendenze formaliste di molta arte astratta. Nel 1952, ’54, e ’56 espone alla Biennale di Venezia (vi tornerà per l’ultima volta nel 1972). Con la fine degli anni Cinquanta la sua pittura accoglie influenze espressioniste. Dipinge La discussione (1959-60) che verrà acquistato dalla Tate Gallery di Londra.
Nel 1961 tiene una grande personale al Museo Puskin di Mosca. Quattro anni dopo realizza la sua unica grande scultura sul tema del “Lettore di giornale”. Nel 1971 gli vengono dedicate due grandi antologiche a Palazzo dei Normanni a Palermo e al Musèe d’Art Moderne de la Ville di Parigi. Nel 1972 pubblica il libro Il mestiere di pittore. L’anno seguente seleziona un nucleo di opere sue e di altri artisti per costituire la Galleria Civica di Bagheria. Nel 1982 gli viene allestita una grande mostra antologica al Centro di Cultura di Palazzo Grassi a Venezia. Tre anni più tardi espone a Palazzo Reale a Milano e affresca la volta del Teatro Lirico di Messina.
LEONARDI NELLO
Allievo di Virgilio Guidi e Giorgio Morandi all’Accademia di Belle Arti di Bologna, consegue il diploma e si dedica all’insegnamento presso la scuola di disegno Chierici di Reggio Emilia. La sua attività espositiva inizia a Bologna nel 1948 con la partecipazione alla Mostra Interprovinciale d’Arte dell’Emilia Romagna. Alla fine degli anni Quaranta, insieme a Zancanaro, Mucchi, Guttuso, Treccani, Mazzacurati e Levi, partecipa in prima persona alle lotte degli operai delle Officine Reggiane, eseguendo su questo soggetto una serie di dipinti e di serigrafie. Gli anni Cinquanta si aprono per lui con la partecipazione alla prima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Marinara a Genova (1951). Nel 1958, dopo la partecipazione alla VII Quadriennale di Roma (1956), espone alla Biennale di Venezia. Nello stesso anno tiene la sua prima personale. Alla fine degli anni Cinquanta la sua ricerca si allontana dal realismo per avvicinarsi alla sfera dell’Informale. Con la produzione successiva l’artista si configura come autentico pittore naturalista, che trova la sua ispirazione nel mondo contadino e fa del rapporto privilegiato con la natura la tematica centrale della propria indagine. Nel 1985 il Comune di Reggio Emilia gli dedica un’importante antologica.
LICATA RICCARDO
Dopo un breve soggiorno parigino la sua famiglia si reca a Roma nel 1935, per rimanervi fino al 1945. Trasferitosi con la madre a Venezia nel 1946, l’anno seguente si iscrive al Liceo Artistico su consiglio di Giuseppe Mazzariol e segue i corsi di Luciano De Gasperi e Mario De Luigi. In questo periodo si avvicina alla cultura artistica del Bauhaus e, stimolato dal pittore Romualdo Scarpa, esegue le prime sperimentazioni con il mosaico. Nel 1948 visita ripetutamente la Biennale Internazionale di Venezia, la prima dopo la Liberazione. Qui si entusiasma per la collezione di Peggy Guggenheim ed entra in contatto con gli artisti del Fronte Nuovo delle Arti. Con Finzi, Tancredi e Zennaro, nel 1949, costituisce un gruppo di giovani artisti di tendenza astratta. È in questo periodo che inizia a delinearsi la sua scrittura grafico-pittorica ispirata alla musica. Iscrittosi all’Accademia di Belle Arti di Venezia (1950), segue i corsi di Bruno Saetti. Nello stesso anno partecipa alla Mostra Collettiva della Fondazione Bevilacqua La Masa dove, nel 1951, terrà la sua prima mostra personale. Invitato alla Biennale di Venezia del 1952 con un grande mosaico, l’anno seguente partecipa alla Triennale di Milano. Nel 1954 torna alla Biennale di Venezia e, un anno dopo, espone alla Biennale di San Paolo del Brasile. Invitato alla Quadriennale di Roma del 1956 (vi tornerà nel 1959, ’65 e ’73), nel medesimo anno partecipa alla Biennale di Venezia con una personale di incisioni e vince il Primo Premio della Fondazione Bevilacqua La Masa. Nel 1957, con una borsa di studio, si trasferisce a Parigi per collaborare con la cattedra di mosaico di Gino Severini. Nel 1963 vince il «Premio Michetti». Successivamente espone alla Biennale di Venezia del 1964 (vi parteciperà ancora nel 1970 e ’72), alle quadriennali di Roma, alle Biennali di Parigi, Alessandria d’Egitto, San Paolo del Brasile e alle più importanti Biennali internazionali di grafica (Lubiana, Tokyo, Mulhouse, Cracovia, Reykjavik, Berlino ecc.). Risiede e opera a Venezia.
MANFREDI ALBERTO
Conseguito il diploma di maturità, si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna. Nel 1955 diventa assistente di Mino Maccari all’Accademia di Belle Arti di Roma. Nello stesso anno, grazie a una borsa di studio del governo francese, soggiorna per alcuni mesi a Parigi. La sua prima mostra personale si tiene a Firenze presso la Galleria La Strozzina (1956). Negli anni seguenti si intensifica l’attività espositiva in spazi pubblici e privati con mostre a Milano, Firenze, Prato, Roma e Parigi. Docente di Tecniche dell’Incisione all’Accademia di Belle Arti di Firenze (dal 1967 al 1999), nel corso degli anni Sessanta collabora come illustratore con alcuni quotidiani e periodici tra cui il «Corriere della Sera» e «L’Espresso». Nella sua opera convergono suggestioni provenienti da diverse avanguardie storiche rilette in una chiave personale fortemente ironica e tagliente.
CIRILLO MANICARDI
Nel 1873 frequenta l’incisore Romualdo Belloli che lo introduce all’arte della grafica presso la Scuola pel Disegno di Architettura, di Figura e di Ornato. Si iscrive all’Accademia Atestina di Modena dove frequenta i corsi di Figura a partire dal 1878. Nel 1880 espone per la prima volta a Reggio Emilia. Come borsista risiede a Firenze fino al 1883, frequentando i corsi dell’Accademia di Belle Arti e l’atelier del pittore Francesco Gioli. Nel 1884 è presente alla Esposizione di Torino. Nel 1887 compie un viaggio a Parigi, fondamentale per la sua esperienza professionale. Frequenta l’atelier dell’acclamato pittore Léon Gérome e lavora per un breve periodo nell’atelier di Robert Fleury. Rientra nel 1888 in Italia dove viene nominato accademico all’Accademia di Belle Arti di Modena e poi di Reggio Emilia. Nel 1889 è abilitato all’insegnamento e una sua opera è acquistata dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Verona. Entra in contatto con l’intellettuale socialista Camillo Prampolini e si fa promotore delle idee socialista, tanto da essere eletto presidente, nel 1900, della Cooperativa di Consumo di Massenzatico e della Cooperativa di pittori di Reggio Emilia. Partecipa nel 1898 alla Esposizione di Torino. Nel 1903 lavora alla decorazione di una cappella della Chiesa di San Nicolò di Reggio. Insegna dal 1891 presso la locale Scuola di Disegno per Operai e tra il 1905 e il 1909 aderisce al progetto di alfabetizzazione voluto da Prampolini.
Nel 1909 è incaricato della decorazione della facciata del rinnovato palazzo del Monte di Pietà, dopo avere creato la decorazione per il Teatro della Casa del Popolo di Massenziatico (progettato dall’Ing. Pier Giacinto Terracchini), ispirandosi alle pitture che ornavano la Casa del Popolo di Bruxelles, progettata dall’architetto Victor Horta. Tra il 1909 e il 1910 la commissione artistica della Cassa di Risparmio di Reggio Emilia, gli affida l’incarico di decorare l’interno della vecchia sede dell’Istituto, presso l’antico Palazzo Pratonieri. I lavori di restauro si completano nel 1916 e tra il 1917 e il 1920 l’artista procede alla decorazione del fregio pittorico. Negli ultimi anni della sua vita, l’artista si allontana dalla pittura. Nel 1927, due anni dopo la morte, è celebrato a Reggio Emilia da una grande retrospettiva.
MARCENARO RO
È tra i primi in Italia a sperimentare le tecniche dell’animazione, realizzando corti e cartoons per produzioni televisive e pubblicitarie. Si interessa anche al mondo dell’editoria, e dal 1956 realizza presso lo Studio K di Milano numerosi spot animati per campagne pubblicitarie. Collabora a numerose riviste e quotidiani, da «Panorama» a «Il Venerdì di Repubblica».
MASTRONARDI CARLO
Studia al liceo artistico di Via Ripetta, a Roma e, successivamente, all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove frequenta i corsi di pittura tenuti di Ilaro Rossi e di incisione sotto la guida di Paolo Manaresi. Dal 1970 insegna al Liceo Artistico di Bologna. Lo stesso anno realizza la prima personale presso la Galleria Il Voltone di Reggio Emilia. La sua ricerca si sviluppa nel solco dell’informale di impronta materica, piuttosto che segnica. Nel 1993 partecipa alla prima edizione della Biennale bolognese. Nel 1994 è selezionato per la XXXII Biennale di Milano.
MELLIOLI ILLER
Melioli si dedica agli studi artistici e, una volta terminati, inizia a insegnare presso la scuola superiore. Dalla metà degli anni Settanta comincia la sua ricerca in ambito scultoreo, con la produzione di oggetti plastici che si rifanno alle poetiche del Concettuale. Dalla seconda metà degli anni Ottanta elabora una «poetica dell’oggetto» che realizza in opere di acciaio inossidabile in una ricerca dall’accento neominimalista. Nel 2000 è selezionato per la Triennale di Bologna. Nel 2005 prepara un’ampia antologica presso il Chiostro di S. Domenico per i Musei Civici di Reggio Emilia.
MINIUCCHI AGAPITO
Trascorre i primi anni della sua vita a Pesaro. Studia Medicina e Chirurgia ed esercita la professione di dentista. Inizia a dipingere nei primi anni Cinquanta. Realizza la prima personale nel 1953 presso la Galleria Zingarini di Terni. Nel 1959 partecipa alla VIII Quadriennale di Roma. A partire dal 1968 si dedica completamente alla scultura. Abbandonate le prime ricerche figurative, l’artista, negli anni settanta, realizza opere di forte impatto, con materiali poveri, quali il legno, inserti di cuoio, elementi in pietra, ferro e vimini. Nel 1977 sue opere sono presenti al Festival di Spoleto. Nel 1979 il Comune di Pesaro gli dedica un’ampia retrospettiva. Alla fine degli anni settanta l’interesse dell’artista si sposta verso l’uso del ferro e dell’acciaio, con i quali realizza opere monumentali, che gli valgono anche commesse pubbliche. Alla metà degli anni ottanta lo scultore si rivolge al piccolo formato, lavorando a colature di piombo nelle fessure della pietra naturale di Cesi e nel 1986 è invitato alla Biennale di Venezia. In quel periodo dà vita a un nuovo ciclo di opere, dove rielabora le già note forme del legno delle traversine abbandonate dei binari ferroviari, con materiali più leggeri, come vinchi e ornelli, piccoli e flessibili arbusti di bosco.
Diversi gli interventi di decorazione urbana, quali quelli realizzati all’ingresso di Terni, quindi a Perugia, Pesaro, Fano e per Palazzo Massari a Ferrara. Nel 2000 il Comune di Terni gli dedica una importante antologica presso Palazzo Gazzoli. Sue opere si trovano presso le collezioni della Pinacoteca d’Arte Moderna di Spoleto, della Provincia di Reggio Emilia, presso l’Istituto Italiano di Cultura di New York, presso la George Town University.
MONTORSI GIORDANO
Terminati gli studi all’Istituto Statale d’Arte «G. Chierici» di Reggio Emilia, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Ventenne, prende parte alla collettiva Aspetti di comunicazione visiva in ambiente urbano presso la Sala Comunale delle Esposizioni di Reggio Emilia. Quattro anni dopo tiene la sua prima personale a Montecchio Emilia. Il lavoro di questo periodo risente delle ricerche astratto-concrete. Nei primi anni Ottanta la sua attenzione si volge alla dimensione del mito e della fantasia. Successivamente si dedica a grandi opere tridimensionali e polimateriche a metà tra arte e design. Nel corso degli anni Ottanta espone, tra l’altro, ai Musei Civici di Reggio Emilia (1984) e alla Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Suzzara (1985). Tra le mostre più recenti si segnala la personale tenutasi tra 2002 e 2003 a Cavriago. Vive e lavora tra Venezia e Reggio Emilia.
MUSSINI PIETRO
Mussini comincia ad esporre nel 1979. Nel 1985 partecipa alla Biennale di Barcellona. Nel 1993 alcune sue opere sono presenti alla grande rassegna L’arte sfida alle tecnoscienze realizzata presso il prestigioso Museo della Scienza di Parigi, al Parc de la Villette. L’artista sviluppa codici legati all’arte elettronica e cinetica, con l’uso di materiali diversi e linguaggi multimediali.
Nel 2005 alcune sue opere sono selezionate per l’ampia retrospettiva realizzata presso il Museo di Arte Contemporanea di Buenos Aires, Argentina.
OLIA REZA
Dopo aver compiuto gli studi artistici a Teheran, si trasferisce a Roma nel 1959. Qui frequenta l’Accademia di Belle Arti, diplomandosi in scultura nel 1968. Nel 1964 espone per la prima volta alla rassegna di Palazzo Barberini di Roma e nel 1968 realizza la prima personale a Rimini, presso la Sala delle Colonne del Palazzo Comunale. Nello stesso anno, e per il biennio successivo, insegna alla Facoltà di Arti Decorative di Teheran. Scultore, lavora principalmente alla fusione in bronzo, che gli vale anche diverse commissioni pubbliche. Sue opere si trovano presso le piazze di alcune città italiane, tra cui Firenze, Fiano Romano, Mugello. Attualmente vive e lavora a Fiano Romano.
PAROLI TONINO
Da un primo avvio nell’ambito della figurazione, l’artista si rivolge sempre più ai territori dell’astrazione, non tralasciando le ricerche nate in ambito surrealista e neodada. Un’ampia retrospettiva sulla sua ricerca è stata realizza nel 1993 presso il Chiostro di S. Domenico di Reggio Emilia.
POLI VIVALDO
Segue i corsi dell’Istituto «G. Chierici» di Reggio Emilia, ma si dichiarerà sempre autodidatta. La sua formazione artistica si basa dapprima sullo studio dell’Impressionismo e, in seguito, dell’Espressionismo e del Cubismo. Successivamente si interessa alle ricerche sviluppatesi in seno al movimento dell’Astrattismo concretista. Nel corso degli anni Cinquanta avversa il realismo per schierarsi decisamente a favore delle ricerche aniconiche e dell’autonomia dell’arte. Le sue opere di questo periodo sono caratterizzate da un forte e rigoroso impianto strutturale. Nel 1948 espone alla Biennale di Venezia (vi parteciperà anche nell’edizione successiva). Nel 1951 prende parte alla Mostra di Artisti Contemporanei a Berna e alla Quadriennale di Roma (vi tornerà ad esporre nel 1956). Dalla fine degli anni Cinquanta allestisce numerose esposizioni personali e collettive. A un anno dalla sua scomparsa, gli viene dedicata un’importante mostra postuma nel Teatro Municipale di Reggio Emilia.
POMPILI GRAZIANO
Si forma a Faenza, dove frequenta i corsi dell’Istituto d’Arte, approfondendo lo studio della terracotta e della ceramica. In seguito frequenta l’Accademia di Belle Arti di Bologna, interessandosi alla scultura e all’incisione. Dal 1970 frequenta assiduamente Carrara, per la lavorazione del marmo, e Pietrasanta, per la lavorazione della cera e la fusione in bronzo. Nel 1975 partecipa alla Quadriennale di Roma, e l’anno successivo, al “Premio Fiorino d’Oro” di Palazzo Strozzi. Realizza la prima personale nel 1980 presso la Galleria del Voltone della Molinella di Faenza. Nel 1986 partecipa alla Biennale di Venezia. Da una prima ricerca in cui l’artista realizza opere in terracotta rivolte al passato, con spunti citazionisti e eco archeologiche, alla fine degli anni ottanta si svincola dall’elemento figurativo per concentrarsi sul paesaggio. Attraverso i materiali che utilizza, marmo, pietra arenaria, statuario, ferro, lo scultore lavora a opere in cui fonda poeticamente il tempo, antropologicamente e geologicamente trascorso, lo spazio, nei paesaggi che frequenta e ama, e la presenza umana, nel suo plasmare i luoghi che abita. L’artista affianca alla produzione scultorea l’attività didattica, insegnando presso l’Istituto d’Arte di Reggio Emilia e successivamente presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna e a Brera, Milano. Numerosi gli interventi pubblici, realizzati per le città di Forlì (1973), Bjdgoszcz, Polonia (1975), Parma (1975), Reggio Emilia (1992). A partire dalla metà degli anni settanta si dedica alla scenografia, realizzando numerosi allestimenti per opere teatrali e cinematografiche.
Attualmente vive e lavora tra Montecchio Emilia e Carrara.
RUGGERI PIERO
Terminate le scuole superiori, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Torino diplomandosi nel 1956. Già dagli esordi il suo interesse si rivolge all’Informale. Partecipa a tre edizioni (1956, ’57 e ’59) della rassegna d’arte contemporanea «Italia-Francia», presso la Galleria d’Arte Moderna di Torino. Nello stesso 1956 espone anche alla XXVIII edizione della Biennale di Venezia. La sua successiva ricerca scaturisce dall’intenzione di andare oltre l’Informale. Così nascono i Lavati, 14 opere esposte alla Biennale di Venezia del 1962, in cui la matericità si scioglie in trasparenti liquidità dalle quali tuttavia emerge una gestualità esasperata e drammatica. Nel 1978 è nuovamente presente alla Biennale di Venezia. Dagli anni Ottanta realizza i grandi Monocromi: quadri interamente bianchi o neri nei quali l’approdo all’immagine è come inibito dalla forte, precedente istintività gestuale. In questi anni si intensifica l’attività espositiva con mostre a Torino, Parma, Bologna (tra cui L’Informale in Italia alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, 1983) e in prestigiose rassegne nazionali e internazionali come la Quadriennale di Roma del 1986, Arte del paesaggio – Pittura in Italia dal Divisionismo all’Informale (Loggetta Lombardesca di Ravenna, 1991), Il miraggio della lirica – Arte astratta in Italia dopo il 1945 (Kunsthalle di Stoccolma 1991) e Pittura e realtà (Palazzo dei Diamanti, Ferrara 1993). Sue mostre antologiche sono state allestite a Palazzo Massari a Ferrara (1984), al Museo di Villa Reale a Monza (1985), a Palazzo Graneri a Torino (1986). Vive e opera a Battagliotti di Avigliana.
SANTACHIARA DENIS
nizia l’attività di designer nel campo automobilistico. Fin dal 1975 Santachiara si occupa di nuove tecnologie e industrial design, producendo opere rivolte al circuito dell’arte e dell’industria, collaborando con diverse aziende italiane. Sperimenta materiali nuovi, e nuove dimensioni oggettuali, con note ironiche che suscitano sorpresa nel fruitore. I suoi interventi, a metà tra il progetto industriale e l’opera d’arte, sono stati selezionati per la Biennale di Venezia, per la Quadriennale di Roma, per diverse edizioni della Triennale di Milano (1982, 1984, 1986, 1988), per Documenta 8 di Kassel.
SPAGNULO VALDI
TADINI EMILIO
Conseguita la laurea in Lettere si dedica all’attività di critico d’arte e giornalista. In questa veste partecipa al dibattito artistico del dopoguerra con scritti che vengono pubblicati su «Il Verri» e altre importanti riviste. Nel corso degli anni Cinquanta inizia a dedicarsi alla pittura. Dopo l’iniziale realismo, negli anni Sessanta subisce il fascino della Pop Art inglese. L’inizio della sua ascesa avviene con la collettiva allestita a Milano presso lo Studio Marconi con Mario Schifano, Valerio Adami e Lucio Del Pezzo (1965).
Nel 1972 prende parte alla X edizione della Quadriennale di Roma (vi parteciperà anche nel 1999). Sei anni più tardi espone alla Biennale di Venezia, dove verrà invitato anche nel 1982. Nelle opere della maturità sviluppa un linguaggio figurativo dall’originalissima nota fantastica con sovrapposizioni di piani spazio-temporali in cui la fantasia sembra sfumare nella realtà, il tragico nel comico, in un continuo e suggestivo rimando che conduce a una riflessione sulla condizione umana nell’età moderna. Notevole anche la sua produzione letteraria di cui si ricordano alcuni romanzi quali Le armi, l’amore del 1963, L’opera del 1980, La lunga notte del 1988, La tempesta del 1993. Tra il 1995 e il 1996 è protagonista di una grande antologica itinerante in Germania nei musei di Stralsund, Bochum e Darmstadt.
Nel 2001 la sede di Palazzo Reale a Milano ospita l’ultima mostra antologica a lui dedicata.
TEDESCHI NANI
Da quel momento comincia un’intensa attività di illustratore, sia di testi letterari (Il Signore delle Mosche, 1968; L’Orlando Furioso, 1969; L’Eneide, 1971) sia di quotidiani («Il Corriere della Sera», «Il Giornale», «Il Sole 24 Ore»).
A partire dagli anni Ottanta si interessa alla scultura e alle arti applicate, lavora la ceramica e il vetro. Il suo mondo immaginario, fatto di animali fantastici, atmosfere surreali. La sua ricerca sembra ad un certo gusto per la traccia scritta, indice di un amore vivo per la memoria e il sogno.
Ha creato i disegni per il libro “Non c’era tempo di piangere” di Margherita Cervi (edito dalla Camera del Lavoro di Reggio Emilia, 1994 , v.galleria).
Nel 2000 alcune sue opere sono selezionate per la mostra «Reggio: cent’anni d’arte. Pittori e scultori del XX secolo».
VALENTINI WALTER
Nel 1989 esegue un’importante installazione presso l’Abbazia di Chiaravalle milanese e un anno più tardi realizza due opere per Ashford Properties Inc., a Greenwich, nel Connecticut. All’inizio degli anni Novanta è impegnato ad Aspen dove, per conto dell’I.D.C.A., realizza un’opera dal titolo Lo spazio e il tempo. Un anno dopo allestisce alla Freearte di Milano Il labirinto della memoria, un’installazione percorribile di seicento metri quadri. Docente d’Incisione presso la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, a partire dalla metà degli anni Ottanta pubblica numerosi libri d’artista e cura diverse edizioni per prestigiosi artisti ed editori. Dal 1987, in collaborazione con noti intellettuali, realizza proprie edizioni artistiche. Nel 1999 espone alla Quadriennale di Roma. Risiede e opera a Milano.
ZANCANARO TONO
Figlio di un meccanico e di una casalinga, frequenta le scuole elementari, il ginnasio e, successivamente, corsi artigianali serali. Terminato il servizio di leva, viene assunto presso una banca dove lavora per circa un triennio. Sopraggiunta la disoccupazione, per la chiusura dell’istituto di credito dove era impiegato, si reca più volte a Firenze. Nel capoluogo toscano divide il suo tempo tra musei e letture. Dal 1932 inizia a dipingere e, l’anno seguente, espone in alcune collettive. Nel 1935, ancora a Firenze, entra in contatto con Ottone Rosai. Una serie di viaggi a Parigi lo mettono di fronte alle ultime tendenze dell’arte, ma alle esperienze moderne Zancanaro continua a preferire lo studio del mondo greco e rinascimentale. A partire dal 1937 l’artista prende contatto con alcuni esponenti dell’antifascismo universitario triestino, tra cui Eugenio Curiel, già direttore de «Il bo». In questi anni Zancanaro esegue il suo primo Gibbo, caricatura surreale di Mussolini.
Successivamente dà il suo contributo per l’educazione dei ragazzi ebrei discriminati dalle leggi razziali del 1938.
Nel 1942 si iscrive al Partito Comunista. Ricoverato in ospedale con una diagnosi letale (1942-1943), vi trascorre alcune settimane ricavando dai contorni delle ombre che vede sulle pareti suggerimenti per sviluppare il tema del Gibbo.
A partire dagli anni Cinquanta, stimolato dall’amicizia con Renato Guttuso, Mino Maccari e Carlo Levi, si dedica alla pittura realista. Successivamente stringe contatti con l’ambiente milanese, dove già conosceva Ernesto Treccani, e con quello siciliano di Leonardo Sciascia e dell’editore Sellerio. Nel 1970 diviene titolare della cattedra d’Incisione all’Accademia di Belle Arti di Ravenna e, nel successivo 1977, lavora con la Cooperativa del Mosaico.