ANTIMAFIE DI PRIMAVERA BEL TEMPO SI SPERA

6 Aprile 2019

di Paolo Bonacini, giornalista

CORTE ASSISE APRILE

Sono giorni intensi e in parte convulsi, in tema di mafie, quelli che stiamo vivendo a Reggio Emilia e in regione. Variabili come il tempo di primavera che alterna piogge e schiarite senza lasciare il tempo di capire come vestirsi.

In una sola settimana l’intenso programma del festival “Noi contro le mafie”, le audizioni in Emilia della Commissione Parlamentare Antimafia, l’inizio del dibattimento in Corte d’Assise a Reggio per gli omicidi di ‘ndrangheta del 1992.

Una mole di eventi pubblici e riservati, di fatti e dichiarazioni, di inevitabili polemiche, dei quali è difficile rendere conto nel dettaglio tante sarebbero le note degne di nota.

Cominciamo dall’evento che più ha fatto discutere in questi giorni e che si è chiuso da poco: la missione in Emilia Romagna della Commissione Parlamentare Antimafia, con una delegazione guidata dal presidente Nicola Morra, 5 Stelle, e dalla vice presidente Jole Santelli di Forza Italia. Gli altri membri della Commissione erano Laura Garavini e Franco Mirabelli del PD, il segretario Gianni Tonelli della Lega, i componenti dei 5 Stelle Giovanni Endrizzi, Luca Migliorino, Dalila Nesci e la deputata correggese Stefania Ascari.

La Commissione ha incontrato giudici e procuratori, funzionari dello Stato e amministratori locali, comandanti dei corpi di Polizia; ha raccolto informazioni e dati sulla penetrazione della ‘ndrangheta in regione; ha cercato di comprendere, per quanto possibile in tempi brevi, il grado di consapevolezza della comunità locale e i fronti sensibili sui quale è bene mantenere lo stato di massima allerta anche dopo le sentenze di Aemilia. Ha deciso di farlo convocando anche soggetti diversi in Prefettura a Reggio Emilia: sindacati, giornalisti, esponenti di associazioni antimafia, e infine incontrando una platea di studenti nell’ultima giornata in provincia di Modena.

Dal segretario regionale dalla CGIL Luigi Giove è arrivata la segnalazione di elementi preoccupanti in Romagna, dove nel comparto turistico si evidenziano acquisizioni di attività a valori anomali e fuori mercato, associate a fenomeni di sfruttamento e caporalato tipici delle infiltrazioni mafiose. La capacità di connessioni della ‘ndrangheta con la domanda di guadagni facili presente nel territorio è peraltro emersa con forza dalle indagini e dal processo Aemilia, come riassume anche il presidente Morra dopo le audizioni dei magistrati competenti: “Tanti soggetti dell’imprenditoria cosiddetta sana sono stati attratti dal ricorso a soluzioni illecite come la falsa fatturazione per operazioni inesistenti. Questo, in una regione che ha fatto del civismo una sua specificità, è grave, perché fa venir meno quegli inderogabili doveri di solidarietà politica, economica e sociale che è rappresentata dalla accettazione della fiscalità. Quando uno opera per fregare non soltanto il creditore, ma anche il fisco, significa che vuole mettere nelle proprie tasche ciò che invece dovrebbe essere redistribuito alla comunità”.

Le polemiche durante i tre giorni emiliani della Commissione non sono mancate. “Orgogliosi di non esserci” ha titolato giovedì la Gazzetta di Reggio con una lettera aperta del direttore Stefano Scansani, in riferimento all’audizione di giornalisti, allargata anche a non giornalisti, convocata con una buona dose di improvvisazione e con evidenti lacune (mancavano i cronisti di Gazzetta e Carlino che hanno costantemente seguito il processo Aemilia). La sua lettera getta però benzina sul fuoco quando afferma: “Immaginiamo che il reclutamento dei relatori sia stato espletato localmente da ingaggiatori cistifellici con criteri di tipo selettivo, semmai partitici”. E altra benzina arriva il giorno dopo da Modena, dove all’incontro con gli studenti è un’altra assenza che non passa inosservata: quella dei due parlamentari PD della Commissione, che hanno ritenuto di chiudere a Reggio Emilia la loro missione. Effetti collaterali, viene da pensare, del duro scontro che caratterizza il momento politico alla vigilia delle elezioni amministrative.

Legnate alla comunità locale sui ritardi nella comprensione del fenomeno mafioso arrivano anche in questi giorni dal procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, che sta girando la provincia di Reggio assieme allo studioso e giornalista Antonio Nicaso nella settimana di iniziative “Noi contro le mafie”. Dice che quando una decina di anni fa lui veniva a Reggio Emilia, per raccontare la penetrazione della ‘ndrangheta, era “guardato come un marziano”. Ma poi aggiunge che “in questi anni molti amministratori e politici locali si sono rimboccati le maniche e hanno cominciato un contrasto alla criminalità”. Da Bologna arriva però un altro messaggio preoccupante e a lanciarlo è il Procuratore Generale Ignazio De Francisci, che al presidente della Commissione Morra dice: “Anche se l’Emilia Romagna non è la Sicilia o la Calabria, se non continuiamo a lavorare rischiamo di diventare proprio come la Sicilia o la Calabria”.

Immaginando che De Francisci valuti negativamente questo rischio, e immaginando anche che i siciliani e i calabresi impegnati nel contrasto alle mafie potrebbero non essere molto d’accordo con lui, concentriamoci su alcuni dati certi.

Il primo, fatto presente alla Commissione dagli addetti ai lavori, è che per contrastare le mafie servono uomini, mezzi, risorse. E le procure emiliane ne sono drammaticamente a corto. Forse cominciare da lì a mettere tutti d’accordo sarebbe una bella cosa, investendo nelle procure e nelle prefetture dove si guida la prevenzione e si attua la repressione dei fenomeni mafiosi.

Il secondo è che intanto il contrasto alle mafie continua anche in tribunale, con l’apertura ufficiale avvenuta venerdì mattina in Corte d’Assise a Reggio Emilia del dibattimento, dopo la costituzione delle Parti Civili, relativo agli omicidi mafiosi del 1992 in provincia.

Alla sbarra sono Nicolino Grande Aracri, Angelo Greco, Antonio Le Rose e Antonio Ciampà. I primi due già in carcere per altri reati di mafia, gli altri a piede libero. Sono stati incastrati dai collaboratori di giustizia del processo Aemilia come mandanti ed esecutori dell’uccisione di Nicola Vasapollo e Giuseppe Ruggiero, nei mesi di settembre ed ottobre. Freddati da colpi di pistola nelle proprie abitazioni alla periferia di Reggio Emilia e nel paese di Brescello. Nella stessa vicenda processuale sono coinvolti anche Antonio Valerio e Nicolino Sarcone, già condannati in primo grado nel rito abbreviato.

Davanti ai sei giudici popolari, al presidente Dario de Luca e al giudice a latere Silvia Guareschi, le parti hanno iniziato a confrontarsi sulla lista dei testimoni che saranno chiamati in aula e già si intravvede la volontà delle difese, che sostengono l’innocenza degli imputati, di rimettere tutto in discussione, a partire dagli elementi di prova raccolti all’indomani degli omicidi e determinanti per le sentenze di condanna già passate in giudicato, relative ai primi processi con altri imputati.

Intanto da questa udienza escono due pronunciamenti importanti della Corte. Il primo, riguardante la visibilità del processo, stabilisce che potranno essere effettuate riprese audio video delle sedute, anche se non potranno essere trasmesse in diretta come invece avvenuto per le requisitorie e le arringhe finali di Aemilia.

Il secondo è che vengono ammessi come parti civili i due soggetti che ne avevano fatto richiesta, nonostante il parere contrario dei difensori. Si tratta del Comune di Brescello, presente in aula con il proprio sindaco Elena Benassi, e dell’associazione antimafia Libera, rappresentata dal proprio vice presidente avv. Enza Rando.

Anche in questo caso, volendo gettare qualche goccia di benzina sul fuoco come nel caso degli incontri della Commissione a Reggio e Modena, spiccano forse più le assenze che le presenze. Non si è costituto parte civile il Comune di Reggio Emilia, dove è stato ucciso Nicola Vasapollo, e non si è costituita parte civile la Provincia di Reggio Emilia, dove sono stati uccisi entrambi gli uomini di mafia. Eppure bastava poco: bastava copiare le buone ragioni illustrate in aula dall’avv. Tesoriero per conto del Comune di Brescello.

 

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