UN CASO DA MANUALE

30 Maggio 2019

di Paolo Bonacini, giornalista

MONTALBANO E ZITO

Giuseppe Gigliotti, cugino di Franco, è stato arrestato a Parma su ordine del Giudice per le Indagini Preliminari che ha disposto la sua custodia in carcere.

E’ considerato dalla procura della città ducale  l’ispiratore e il mandante di una estorsione aggravata commessa materialmente da un terzo personaggio, Francesco Greco, a sua volta raggiunto dal provvedimento restrittivo, che si trovava già in carcere per una rapina ad una prostituta.

Il personaggio più importante dei tre è Franco Gigliotti, facoltoso imprenditore di Parma, nato in provincia di Crotone nel 1968, già arrestato a gennaio 2018 dalla procura di Catanzaro nell’ambito dell’inchiesta Stige contro la cosca di ‘ndrangheta Farao Marincola.

In questa operazione dei Carabinieri, coordinata dal Procuratore Alfonso D’Avino, Franco Gigliotti non è coinvolto e in teoria non c’entra nulla. In pratica però, secondo l’accusa, l’estorsione messa in atto ai danni di un imprenditore parmigiano, Alberto Aschieri, serviva ad avvantaggiare la sua impresa, la GF Nuove Tecnologie di Parma, in una gara d’appalto in Danimarca. Forse Giuseppe Gigliotti ha fatto tutto all’insaputa del cugino Franco. Forse…

Il rito abbreviato del processo Stige, a Catanzaro, è in attesa della sentenza di primo grado, dopo che nel marzo scorso l’accusa ha chiesto più di mille anni di carcere per 104 imputati tra cui, oltre ai presunto mafiosi, si contano anche politici ed imprenditori. Come Franco Gigliotti appunto, per il quale sono stati chiesti otto anni di reclusione. L’imprenditore, arrivato a Parma come idraulico e poi entrato nel gotha di Confindustria come leader della meccanica di processo (linee automatiche di lavorazione e imbottigliamento per i settori farmaceutico e della produzione alimentare), aveva trascorso sei mesi in carcere dopo l’arresto  e in seguito ha trascorso sei mesi ai domiciliari. Dalla fine del 2018 ha solo l’obbligo di firma e di dimora.

Suo cugino dunque, sempre secondo l’accusa, si era dato da fare in modo illecito per consentirgli di vincere una gara in Danimarca.

La ricostruzione della storia è abbastanza semplice. Tutto comincia nel luglio 2017 quando l’imprenditore parmigiano Alberto Aschieri denuncia il rinvenimento, nella cassetta postale della propria azienda, di tre cartucce per revolver calibro 40. Pochi giorni dopo, nel corso della notte, alla stessa azienda viene incendiata la vetrata d’ingresso.

I Carabinieri trovano sul posto pochi indizi: un sacchetto di plastica con il logo Brico Center contenente carta cosparsa di benzina e un sacchetto nero della spazzatura con tagliati tre fori per gli occhi e la bocca.

Le immagini della videosorveglianza registrano un individuo che di notte, col sacchetto nero in testa, getta la benzina sulla porta e poi dà fuoco, utilizzando una tanica rossa col tappo nero.

Appurato che l’azienda di Aschieri tre mesi prima aveva partecipato ad una gara importante in Danimarca, dalle carte emerge che unica concorrente per l’appalto è l’altra impresa di Parma “G.F. Nuove Tecnologie”: proprio quella di Franco Gigliotti, che finirà alcuni mesi dopo invischiata nell’inchiesta Stige.

Aschieri aveva sentito odore di illeciti e avanzato dubbi sulla possibilità che Gigliotti, poi vincitore della gara, fosse stato informato dell’offerta presentata in busta chiusa dal concorrente. Altro possibile movente, un contenzioso tra le due imprese per un credito di 300mila euro verso una terza, la “GF laser”, che Franco Gigliotti voleva acquisire. A trattare con Aschieri, in quel caso, fu mandato proprio il cugino Giuseppe.

Le indagini proseguono e appurano che: 1) La tanica di benzina è stata acquistata il giorno prima dell’incendio al Bricoman di San Leonardo; 2) Sul sacchetto nero per coprire la testa ci sono tre impronte digitali che coincidono con quelle del pregiudicato Francesco Greco; 3) I tabulati telefonici dicono che Greco e Giuseppe Gigliotti si conoscono perché si scambiano molte telefonate, che si interrompono bruscamente solo dopo il rogo; 4) Entrambi, stando alla geolocalizzazione dei cellulari, si trovavano vicino al Bricoman il giorno dell’acquisto della tanica. 5) Il colpo definitivo: la Gazzetta di Parma pubblica la notizia della scoperta di impronte digitali sul luogo dell’incendio e subito dopo i due vengono intercettati mentre esprimono reciproca preoccupazione.

Giuseppe Gigliotti è arrestato come mandante, Francesco Greco come esecutore.

Sembra quasi la storia di un episodio del commissario Montalbano che usa il giornalista Nicolò Zito della televisione di Vigata per spingere i colpevoli a fare un passo falso.

Post scriptum: i tentativi di intimidazione sembra fossero andati a buon fine. Alberto Aschieri in sede di ribasso aveva ridotto la propria offerta in Danimarca di solo 10mila euro. Poteva scegliere di essere più competitivo, ma le pallottole nella cassetta della posta e il rogo dell’ingresso l’avevano spinto a più miti consigli.

Post post scriptum. La cosca Farao Marincola, a Parma come a Crotone, non si muove senza il benestare della cosca Sarcone/Grande Aracri. Lo dicono le carte della stessa inchiesta Stige. I Farao Marincola sono saldamente impiantati 38 chilometri a nord di Cutro sulla costa ionica e sono inseriti nel sistema delle famiglie di ‘ndrangheta che compongono la cosiddetta “Provincia”, il cui coordinatore e capo riconosciuto è Nicolino Grande Aracri. Illuminante è ciò che dice Vittorio Farao al padre Giuseppe, a cui fa visita in carcere. Per risolvere un conflitto nato a Parma con alcuni personaggi della camorra, arriva Alfonso Diletto, genero di Nicolino Grande Aracri. E Vittorio Farao cerca di ingraziarselo: “Guarda che io ho un padre all’ergastolo e uno zio latitante, e sono quarant’anni che comandiamo noi qua!”

Come a dire: siamo brave persone.

 

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