LE CENTO STORIE DI AEMILIA: IL LIBRO CHE RACCONTA IL PROCESSO E L’INCHIESTA CHE HA SVELATO LA ‘NDRANGHETA IN EMILIA
Oggi la prima presentazione nazionale in Camera del Lavoro a Reggio Emilia
alla presenza del Procuratore capo Mescolini
Si è svolta questa mattina in Camera del Lavoro a Reggio Emilia la prima presentazione nazionale del libro del giornalista Paolo Bonacini “Le cento storie di Aemilia” edito da Editrice Socialmente.
Un libro “collettivo”, come lo definisce più volte l’autore, in cui racconta i tre anni in cui si è svolto il più grande processo di ‘ndrangheta al nord, seguito e rendicontato, per conto della Cgil di Reggio Emilia e della Cgil Emilia Romagna, partecipando alle 199 udienze che sono state necessarie per arrivare alle sentenze definitive dello scorso ottobre.
Alla presentazione, in una sala gremita, erano presenti rappresentanti delle Istituzioni e delle associazioni antimafia attive sul territorio nonché il già Pubblico Ministero del processo Aemilia, e oggi Procuratore capo della Reppubblica di Reggio Emilia, Marco Mescolini, che ha sottolinato come “il libro di Bonacini è uno strumento importante perchè ci consegna la memoria dei fatti che sono accaduti e sono stati riconosciuti come reati dalla Cassazione”. Fatti che devono portare la società civile, la politica, le istituzioni a riflettere su come un territorio che riteneva di essere immune all’attacco dei fenomeni mafiosi si sia invece scoperto gravemente malato. “La ‘ndrangheta era qui, consolidando la sua presenza a partire dagli anni ’60 è arrivata ad avere in una realtà economica florida un centro di comando autonomo – ha spiegato Bonacini – . Oggi il processo ci consegna delle consapevolezze che ci riguardano e che non ammettono più l’ignoranza di alcuno”.
“Le cento storie di Aemilia” si configura così come strumento di conoscenza che, mettendo insieme i pezzi come in un puzzle, fornisce le lenti per leggere una storia che ci racconta quanto vulnerabile sia il nostro sistema socio economico e di amministrazione e quanto sia necessario tenere alta l’attenzione e l’asticella dei valori democratici.
La Cgil su questo tema è stata fin da subito in prima linea. Costituendo le Camere del Lavoro di Reggio e Modena, insieme alla Cgil Emilia Romagna, parte civile al processo e testimoniando attraverso una presenza attiva- anche tramite il proprio impegno nel voler documentare gli atti del processo stesso – l’importanza del valore della legalità “che è parte del nostro dna – ha sottolineato Ivano Bosco, segretario generale della Camera del Lavoro di Reggio Emilia – perchè laddove c’è la criminalità organizzata non c’è libertà e non c’è rispetto dei diritti dei lavoratori”.
Anche Luigi Giove, segretario generale della Cgil Emilia Romagna, ha ribadito l’importanza per la Cgil di esser stati protagonisti, senza riserve, nella lotta ai fenomeni mafiosi “con il nostro lavoro abbiamo fatto giurisprudenza – ha detto – perchè nella sentenza della Cassazione viene esplicitato il principio per cui laddove in un territorio è presente la criminalità organizzata non può esserci libertà sindacale. Ora che il processo è concluso – ha chiosato – il nostro impegno non scema, continueremo a denunciare e a fare la nostra attività di contrattazione per garantire alle persone un lavoro libero e dignitoso”.