FONDI UMANITARI ALLA ‘NDRANGHETA, L’AIUTO DI UNA SENATRICE DEL CENTRO DESTRA E CENTO OMICIDI ALLE SPALLE
di Paolo Bonacini, giornalista
SI ALZA LO SCONTRO IN CORTE D’ASSISE A REGGIO EMILIA TRA IL BOSS NICOLINO GRANDE ARACRI E IL COLLABORATORE DI GIUSTIZIA ANTONIO VALERIO.
La ‘ndrangheta a Reggio Emilia cercò di intercettare fondi statali e comunitari destinati a progetti umanitari rivolti a Paesi esteri in via di sviluppo. Si infilò in un sistema truffaldino che si appoggiava ad un garante venezuelano capace di accedere ai finanziamenti e ad un fiduciario milanese che gestiva una Fondazione umanitaria americana nelle quali confluivano i soldi. Lo fece grazie anche all’aiuto di una senatrice del Centro Destra che li aveva messi in collegamento con alcuni faccendieri coinvolti nell’affare.
Lo dice all’improvviso Antonio Valerio, rispondendo alle domande degli avvocati difensori, nel contro interrogatorio del processo per gli omicidi del 1992 a Reggio Emilia. Valerio risponde in video conferenza da un luogo protetto, nell’udienza di venerdì 17 maggio, pochi minuti dopo che sempre in video conferenza, dal carcere di Opera a Milano, lo aveva attaccato in diretta il capo cosca Nicolino Grande Aracri. “Non si è mai visto” dice il boss “che un collaboratore di giustizia possa parlare consultando le carte sparse sul tavolo e utilizzando il telefonino per ricevere messaggi e per seguire in diretta su facebook lo sviluppo delle udienze anche quando i giudici gli chiudono il collegamento per esigenze di riservatezza”.
La tensione resta alta in Corte d’Assise e oggetto del confronto non sono solo le dinamiche dei due omicidi Vasapollo e Ruggiero per i quali sono alla sbarra quattro personaggi importanti delle cosche cutresi: lo stesso Grande Aracri, Antonio Le Rose, Antonio Ciampà e Angelo Greco.
La deposizione di Valerio si sofferma sul numero di omicidi commessi da Nicolino Grande Aracri e conferma che, stando alle confessioni dirette del capo e a quanto saputo dai suoi più stretti collaboratori, il numero oscilla tra i settanta e i cento. Uomini di mafia delle famiglie nemiche nei paesi del crotonese, testimoni scomodi, vittime della resa dei conti a Reggio Emilia e Mantova durante gli anni Novanta. In questo contesto si sviluppa la lotta a distanza tra Nicolino Grande Aracri e Antonio Valerio. Il primo nella sua dichiarazione spontanea punta deciso sulla non attendibilità del collaboratore: “Di suo non sa niente, non è genuino né imparziale. E’ un bugiardo che si è solo studiato i verbali di quell’altro bugiardo di collaboratore che è Angelo Salvatore Cortese”. Il secondo replica attaccando la cosca e il suo capo di Cutro a 360 gradi. Lo fa, dice, “perché vorrei che le mie parole fossero utili per spingere altri ‘ndranghetisti a ravvedersi”.
E intanto offre nuovi materiali di lavoro agli inquirenti, come una truffa sulla solidarietà a cui partecipa una senatrice: “Forse di Forza Italia, di sicuro del Centro Destra”.
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