DI CHE PASTA SIAMO FATTI

13 Dicembre 2019

di Paolo Bonacini, giornalista

ROTONDA REGGIANA

Ci scrive sotto Natale una cittadina della provincia di Reggio Emilia, che vuole ringraziare la CGIL per l’impegno profuso nel seguire il processo Aemilia, “senza il quale la città sarebbe rimasta più indifferente al problema”.

La signora ci segnala anche una piccola ma significativa storia, che merita di essere condivisa. Se non altro perché la lunga vicenda processuale ha evidenziato quanto siano importanti la diffusione delle conoscenze e il coraggio della denuncia (non necessariamente giudiziaria: anche etica, morale, politica) per arginare la penetrazione mafiosa nel territorio.

Come molti altri reggiani, la signora fa spesa alla Coop, e un giorno fissa la propria attenzione sui prodotti a marchio “Reggiana Gourmet” che si trovano tra i banchi del supermercato.

“Poiché nel maggio 2019 ho letto sui quotidiani che la Reggiana Gourmet è stata oggetto di una interdittiva antimafia” dice la signora “scrivo all’ufficio consumatori per chiedere lumi e mi rispondono che stanno seguendo la vicenda ma che loro si attengono alle decisioni degli organi competenti e non agli organi di stampa”.

É un peccato se alla Coop non prestano attenzione a ciò che dicono gli organi di stampa, perché almeno in questo caso attraverso giornali e televisioni avrebbero appreso proprio ciò che era stato deciso dagli organi competenti e che la premurosa cliente aveva segnalato correttamente.

Il 15 aprile 2019 la Reggiana Gourmet, azienda di Bagnolo specializzata nella produzione di pasta e tortelli, è stata colpita da un’interdittiva antimafia emessa dal prefetto di Reggio Emilia, dott.ssa Maria Forte, per rischio di infiltrazione mafiosa. Il provvedimento scaturisce a seguito di una richiesta di informazione antimafia presentata dal Comune di Bagnolo in Piano, paese nel quale si trovano i laboratori (oltre 2000 metri quadri) della Reggiana Gourmet. I motivi alla base di questa interdittiva sono stati illustrati dalla stampa locale nei giorni successivi e richiamano la vicenda processuale di Mirco Salsi, ex titolare della Reggiana Gourmet ed ex vicepresidente della CNA provinciale, condannato a 4 anni e 6 mesi nel primo grado del processo Aemilia, oltre che interdetto dai pubblici uffici per 5 anni. Salsi era accusato in concorso con altri, compreso il capocosca Nicolino Sarcone, di minacce e violenze nei confronti di una donna milanese, compiuti per estorcerle una ingente somma di denaro, superiore al milione di euro. Con l’aggravante, prevista dall’art.7 della legge 203/91, di avere operato per recare vantaggio all’organizzazione mafiosa. Mirco Salsi oggi non risulta più nella compagine societaria della Reggiana Gourmet, ma secondo il provvedimento della Prefettura i sui rapporti con le attività dell’impresa sono proseguiti attraverso due società, una delle quali (Immobiliare Salsi) è proprietaria dell’immobile in cui ha sede tutt’ora la Reggiana Gourmet. Va aggiunto che nell’ottobre 2018, alla vigilia della sentenza di Aemilia, la Procura di Reggio Emilia ha concluso le indagini relative a 72 indagati nell’inchiesta Octopus, che mette sotto accusa un vorticoso giro di false fatturazioni. Per alcuni degli indagati è scattata l’accusa di associazione a delinquere e tra questi figurano anche Mirco Salsi e il figlio Gianluca, a sua volta proprietario in passato di una quota di proprietà della Reggiana Gourmet. La compagine societaria è di nuovo cambiata due mesi fa, nell’ottobre 2019, ed ora presidente della Reggiana Gourmet è Elena Salsi, che detiene il 95% delle quote del capitale sociale (100mila euro).

L’interdittiva antimafia nei confronti della Reggiana Gourmet non impedisce all’azienda di lavorare e neppure alla Coop di vendere i suoi prodotti, ma non impedisce neppure di mostrare sensibilità e attenzione al rischio di infiltrazioni mafiose nelle attività legali. Di certo una interdittiva impedisce alle aziende colpite di partecipare ad appalti pubblici e di essere iscritta alla “White List” dei fornitori, esecutori e prestatori di servizi esenti da tentativi di infiltrazioni mafiose. Prima di firmare contratti con la Reggiana Gourmet (fino a quando sarà in vigore l’interdittiva) dovrebbero dunque pensarci bene perlomeno le aziende e gli enti pubblici, seguendo con rigore la normativa prevista dal Codice Antimafia e aggiungendoci le opportune valutazioni di merito, visti i tanti protocolli di legalità firmati nei nostri territori.

É per questo che desta qualche stupore l’accostamento di cartelli e marchi promozionali della Reggiana Gourmet a luoghi e iniziative di competenza dell’amministrazione pubblica.

Il primo caso è proprio quello del Comune di Bagnolo in Piano, sul cui territorio sono collocati gli stabilimenti dell’impresa. Nel maggio scorso, ad un mese dall’interdittiva, è stato completato il restauro del “Torrazzo”, monumento medievale simbolo del paese, teatro nel febbraio 1945 della fucilazione di dieci cittadini prelevati nelle case dalla Brigata Nera. Nell’occasione l’amministrazione comunale ringraziò le imprese che con erogazioni liberali avevano sostenuto il primo lotto del restauro, facendo tra gli altri il nome della Reggiana Gourmet. Di più stretta attualità è la serie di eventi denominata “Vivi il Natale in centro storico”, promossa dal Comune di Reggio Emilia in collaborazione con Camera di Commercio, CNA, Confcommercio, Confesercenti e Lapam Confartigianato. Tante iniziative programmate tra dicembre e gennaio, per realizzare le quali sono stati raccolti, attraverso la società di comunicazione e marketing Kaiti Expansion, i contributi di numerosi sponsor. I loro marchi figurano nei manifesti promozionali come nelle pagine on line del comune di Reggio Emilia e tra gli altri c’è appunto la Reggiana Gourmet.

Da molto tempo inoltre l’impresa di Bagnolo in Piano sponsorizza una delle tante rotonde che caratterizzano il sistema viario della nostra provincia. Per una sfortunata coincidenza si tratta della rotonda tra via Cisalpina e via Paterlini che si affaccia sul palazzo del Tribunale di Reggio Emilia dove si è svolto il processo Aemilia. Quattro cartelli pubblicitari, con il marchio della Reggiana Gourmet, dicono che l’allestimento e la manutenzione di quella rotonda sono affidati dal Comune di Reggio Emilia all’azienda di Bagnolo.

Un’altra sfortunata coincidenza è il nome della nuova pasta lanciata sul mercato dalla Reggiana Gourmet. Si chiama “pastÆmilia”, con la A e la E unite, proprio come nel nome dell’indagine e del processo che hanno messo sotto accusa la ‘ndrangheta attiva nei nostri territori e i tanti che con essa ci hanno fatto affari. A partire dall’imprenditore Mirco Salsi.

La pastÆmilia, c’è scritto sulle confezioni, è “una sfoglia naturalmente ruvida”. Ruvide sono anche molte delle verità che ci ha raccontato il processo Aemilia: ad esempio che la brama di soldi e potere in molti casi vengono prima del rispetto delle leggi e dei principi di convivenza civile.

Ci sarebbe da sperare che quel marchio, Aemilia, ricordi ai reggiani i tanti soprusi, violenze, reati, truffe e dolori inferti alle nostre terre e ai nostri cittadini; certificati nei 1225 anni di carcere complessivamente assegnati dalla sentenza di Cassazione del rito abbreviato di Bologna e da quella di primo grado del rito ordinario di Reggio Emilia.

Ci sarebbe da sperare che Aemilia passi alla storia della nostra città come uno strumento di educazione alla legalità prima che un brand da sfruttare commercialmente.

Non tutti evidentemente la pensano così, ma almeno lo pensa, ne siamo sicuri, la signora che ha scritto alla Coop per chiedere lumi sui prodotti della Reggiana Gourmet.

Motivo in più per ringraziarla.

 

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