FIVES OTO DI BORETTO: QUARTO GIORNO DI SCIOPERO PER IL RINNOVO DELL’INTEGRATIVO AZIENDALE
Salario, precarietà e continuità produttiva: questi i temi su cui non c’è accordo
E’ il quarto giorno di sciopero oggi per i lavoratori della Fives Oto di Boretto. Azienda di circa 200 dipendenti specializzata nella progettazione, costruzione e installazione di impianti per la produzione di tubi e profilati saldati. Da quando, ormai cinque anni fa, la ex Oto Mills, del gruppo Marcegaglia – attiva sul territorio borettese per oltre 30 anni – è stata acquisita dalla multinazionale francese Fives questa è la prima volta in cui Sindacati, Rsu e Azienda si trovano a dover rinnovare il contratto integrativo.
Molto però pare esser cambiato anche nei rapporti con le Parti sociali giacchè la piattaforma presentata dalla Fiom Cgil e dai lavoratori non riesce a tradursi in un integrativo condiviso.
Ieri, fa sapere la Fiom, l’Azienda ha convocato i rappresentati sindacali e la Rsu per comunicare come, nonostante lo sciopero, la direzione aziendale sia ferma sulle proprie posizioni.
“Una comunicazione che dapprima aveva suscitato speranza tra i lavoratori ma che, visti i contenuti, è stata percepita quasi come una provocazione – sottolinea Marco Begnozzi, funzionario Fiom -. Abbiamo deciso nell’assemblea di questa mattina, dopo aver terminato un pacchetto di 16 ore di sciopero, di proseguire la mobilitazione”.
I punti più importanti sui quali non si riesce ad addivenire ad un accordo non sono formali ma sostanziali.
Per prima cosa il salario. L’impianto proposto dal sindacato metalmeccanico è strutturato in continuità con la prassi portata avanti in questi anni sul territorio provinciale; un impianto rigettato in partenza dall’Azienda con la quale le divergenze sono legate proprio alle modalità di costruzione ed erogazione del premio di risultato e dell’inndennità di produttività in paga oraria.
Medesima indisposizione da parte della multinazione si registra in merito alla richiesta di limitare la precarietà in azienda attraverso la costruzione di un bacino dove collocare i lavoratori a termine per procedere poi ad una graduale stabilizzazione.
Da ultimo “nessuna apertura nemmeno in merito alla richiesta di segnali di continuità della produzione – conclude Begnozzi – davanti al fatto che si porta avanti il blocco del turn over – non c’è ricambio dopo i pensionamenti -, si tende ad esternalizzare e a non rinnovare il parco macchine. Insomma c’è preoccupazione rispetto al futuro dei reparti produttivi, mentre vediamo un rafforzamento degli uffici impiegatizi. Nemmeno la richiesta di ragionare di un piano industriale per i prossimi anni è stata accolta”.