LA CONTROPROVA

18 Novembre 2017

Paolo Bonacini, giornalista

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Antonella Spaggiari, ex sindaco di Reggio Emilia; Graziano Delrio, ministro del governo Gentiloni, ex sindaco di Reggio Emilia; Claudio Ferrari, ex sindaco di Correggio; Ugo Ferrari, ex assessore all’urbanistica del comune di Reggio Emilia; Maria Sergio, ex dirigente all’urbanistica del comune di Reggio Emilia, moglie dell’attuale sindaco Luca Vecchi; Fausto Armani, dirigente area tecnica comune di Correggio; Don Evandro Gherardi, ex parroco di Canolo di Correggio; Guido Ligabue, ex sindaco di Bagnolo in Piano ed ex dirigente all’urbanistica, edilizia privata, del comune di Reggio Emilia.

Sono alcune delle decine di persone che gli avvocati difensori del processo Aemilia vorranno ascoltare, o riascoltare in aula, dopo il passaggio del ciclone Valerio e l’apertura dei nuovi fronti d’indagine conseguenti alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia.

Era nell’aria che tante accuse (gravi) e nuovi scenari (inquietanti) raccontati nei verbali estivi di interrogatorio e nelle deposizioni in aula non sarebbero passati inosservati. Sia all’accusa, che ha già iniziato a commissionare verifiche al nucleo investigativo dei Carabinieri, sia alle difese di molti indagati usciti piuttosto malconci dalle ricostruzioni di Antonio Valerio.

Le richieste a controprova degli avvocati difensori sono piombate nell’aula durante l’inusuale udienza di sabato 18 novembre e si possono raggruppare in tre grandi aree tematiche sulle quali tutte le parti in causa intendono arrivare a chiarire se Valerio ha detto la verità o ha raccontato balle.

La prima, alla quale si riferiscono i nomi sopra citati, riguarda i presunti affari e scambi di favori tra pubblica amministrazione e società di costruzioni riconducibili ad esponenti della ‘ndrangheta. Le parole del collaboratore non sono passate inosservate e ne richiama alcune in aula l’avvocato Gregorio Viscomi, difensore di Pasquale Brescia, in merito sia alle aree rese edificabili a Prato di Correggio che alle “modalità di lottizzazione e di assegnazione dei terreni” nella periferia reggiana a Pieve Modolena. Si parla di tempi passati, grossomodo dei dieci anni che vanno dall’inizio del millennio all’avvio delle indagini di Aemilia, e allora vengano a parlarne i sindaci di allora, chiedono assieme l’avv. Viscomi e l’avv. Stefano Vezzadini, difensore di Gianluigi Sarcone, che a sua volta cita Valerio: “Vedete cosa viene concesso (sottinteso: dal comune di Reggio alle imprese cutresi) in merito all’edilizia sociale…”.

Vengano a parlarne i sindaci e dirigenti dei comuni interessati e tornino quei funzionari, come Maria Sergio, già ascoltati dal tribunale prima che fossero lanciate le nuove accuse.

Il secondo gruppo di testimoni a controprova riguarda la storia della ‘ndrangheta reggiana e i quindici anni insanguinati di fine ventesimo secolo. Antonio Valerio ha disegnato, anche in senso letterale, con un foglio protocollo scarabocchiato a mano che oggi i PM hanno portato in aula, una organizzazione strutturata non più all’antica e con le responsabilità verticali previste dai gradi di affiliazione. La moderna “locale” di Reggio Emilia a suo dire pratica una rottura decisa con i canoni arcaici della mafia calabrese, prevede responsabilità parallele e per zona, autorizza uomini “a statuto speciale” come si autodefinisce Valerio, accetta addirittura uomini che non siano transitati attraverso il rito dell’iniziazione. E allora, dicono gli avvocati, chiamiamo nuovamente a deporre, per confermare o smentire questa tesi, Nicolino Grande Aracri, Alfonso Diletto, Pasquale Brescia, Antonio Muto, Pasquale Riillo, Nicolino Sarcone, Gino Lerose, Michele Colacino, Gaetano Blasco, Roberto Turrà, Carmine Sarcone, e poi i collaboratori di giustizia Angelo Salvatore Cortese, Francesco Oliverio, Giuseppe Giglio. Dovrà venire a parlare, su richiesta dell’avvocato Taormina, anche Giuseppina Mauro detta Maria, moglie di Nicolino Grande Aracri, per confermare se corrisponde al vero che il calciatore Vincenzo Iaquinta, imputato al processo, le portò in regalo a Cutro alcune migliaia di euro dopo la vittoria ai mondiali in Germania nel 2006.

C’è infine la terza area, una sorta di “zona grigia” formata da professionisti e imprenditori con competenze specifiche in campo societario che dovranno venire a raccontare se davvero sono false le false intestazioni, le false fatture, le false dichiarazioni e operazioni di cui Valerio ha raccontato al processo. Le richieste di testimonianza sono per una dirigente della CNA di Montecchio, per un funzionario della Barilla spa, per il membro del direttivo dell’associazione di costruttori Aier Giuseppe Turrà, zio di Maria Sergio e zio pure del pentito Valerio, per ingegneri, artigiani, commercialisti e dirigenti d’azienda incrociati nei verbali e nelle confessioni del pentito. Per finire con il calciatore della Juventus Claudio Marchisio che da tempo l’avv. Taormina dice di voler portare in aula per chiedergli di una serata al night trascorsa assieme al compagno di squadra Iaquinta.

Un sacco di gente da ascoltare insomma, quasi l’inizio di un nuovo processo.

Potrebbe finire tutto in una bolla di sapone se i giudici non accettassero le richieste, ma bocciare i testimoni chiesti a controprova sarebbe un atto che romperebbe il saggio equilibrio col quale il presidente Caruso e i colleghi Rat e Beretti hanno sino ad oggi guidato il processo. Anche perché intanto le indagini a conferma delle dichiarazioni di Valerio sono proseguite ed hanno portato in aula le prime conclusioni del maresciallo del nucleo investigativo dei Carabinieri Guido Costantino.

Nell’udienza di martedì 14 novembre il maresciallo ha sostenuto che le verifiche effettuate nelle ultime settimane “fanno emergere un quadro positivo sulla genuinità delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Antonio Valerio” al processo Aemilia.

A fare le spese degli accertamenti è stata in primo luogo la memoria dell’ex maresciallo dei carabinieri Sante Tancredi, in forza alla stazione di Montecchio Emilia fino al congedo del 1979. E’ il padre dell’ex vice sindaco di Reggio Emilia Claudio Tancredi.

Valerio lo chiamava pesantemente in causa il 26 settembre dicendo che alla fine degli anni Ottanta frequentava spacciatori e faceva affari con uomini della ‘ndrangheta: “Tancredi ci indicava dove andare a rubare i materiali per rifare la sua casa”.

Il maresciallo Costantino ha raccontato che Sante Tancredi, dopo il congedo, fu considerato dalla stessa Arma dei Carabinieri una “figura compromessa, che frequentava ambienti malavitosi e persone dedite allo spaccio di droga e al gioco d’azzardo, suscitando anche commenti negativi tra la popolazione locale”.

Una nuova ferita per i famigliari del maresciallo Tancredi; alle dichiarazioni di Valerio avevano reagito all’inizio di ottobre parlando di “offese che infangano la memoria di un servitore dello Stato, che non potrà difendersi in prima persona essendo morto”.

Se qualcuno pensava o sperava che il processo Aemilia stesse per battere in questa vigilia natalizia gli ultimi colpi, dovrà ricredersi.

Viene quasi da dire: siamo solo all’inizio e ne vedremo delle belle.

 

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