I PRECARI DELLA SCUOLA SCRIVONO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

22 Marzo 2016

Pubblichiamo l’appello che il Comitato dei precari della scuola di Reggio Emilia ha inviato nei giorni scorsi al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

A seguito dell’iniziativa sindacale del 12 febbraio scorso, che ha coinvolto i docenti precari, con presidio davanti alla Prefettura durante il quale siamo stati ricevuti con una delegazione di lavoratori precari dal vice prefetto – ha spiegato Elvira Meglioli, segretaria FLC CGIL – alcuni di questi hanno elaborato un documento da inviare al Presidente della Repubblica, un appello a prestare attenzione alla situazione di estremo disagio professionale ed esistenziale, nonché di confusione a livello giudiziale, che stanno vivendo i docenti precari. I contenuti del documento sono assolutamente condivisibili, sono gli stessi che i sindacati scuola hanno portato al Prefetto nell’iniziativa unitaria del 12 febbraio chiedendogli di intercedere presso il governo. Riteniamo sia una buona iniziativa, da sostenere e pubblicizzare“.


 

Alla c.a. del Presidente della Repubblica

 

Ill.mo Presidente,

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso di razza, di lingua ,di religione ,di opinioni politiche di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

Così recita l’articolo 3 della nostra Costituzione. Ed è per questo che il nostro accorato appello si rivolge a lei, che ne è il custode principe, sia nell’applicazione dei suoi doveri quanto e soprattutto nell’applicazione dei suoi diritti.

Purtroppo, però, e da tempo ormai, l’uguaglianza sancita dalla nostra Costituzione non è rispettata laddove centinaia di migliaia di docenti e le loro famiglie, vivono e subiscono situazioni incresciose. Oggi, in Italia, rivolgersi ad un determinato tribunale o giudice del lavoro piuttosto che ad un altro, Signor Presidente, fa la differenza. A macchia di leopardo, sulla base di un lecito, ma riteniamo arbitrario, principio di libero convincimento, abbiamo sentenze che autorizzano l’inserimento in GAE (Graduatoria ad esaurimento) e/o l’immissione in ruolo di docenti di seconda fascia, siano essi docenti di istruzione secondaria di I e II grado, siano essi insegnanti di scuola primaria o scuola dell’ infanzia che hanno conseguito regolari abilitazioni con TFA o PAS (voluti e richiesti, come titoli abilitanti, dai vari governi succedutisi in questi anni e non certo dai poveri precari che, al contrario, hanno investito in impegno studio e costi economici alti), o regolari abilitazioni tramite concorsi o addirittura grazie ad un titolo abilitante, quello del Diploma Magistrale (conseguito precedentemente al 2001/2002) che perfino la Corte di Giustizia Europea ha riconosciuto tale ma, chissà perché, questo Governo, così europeista, si ostina e continua a non riconoscere ai legittimi possessori. Diciamo di principio arbitrario però perché, in altre parti d’Italia, Signor Presidente, si pronunciano sentenze diametralmente opposte, che respingono le stesse legittime pretese degli altri docenti di cui sopra, addirittura condannandoli anche al pagamento delle spese processuali quando non più fortunati se le spese vengono compensate perché si ammette e riconosce la disparità di giudizio.

In questo modo si viene a creare non solo una palese disparità di giudizio, ripetiamo sulla stessa materia, ma anche una spaccatura sociale ed un senso di forte scollamento e sfiducia verso la Giustizia e verso le Istituzioni di questo Paese.
Di fatto, ad oggi, abbiamo insegnanti con minor punteggio, con minore anzianità di servizio, con minori titoli di formazione (quella tanto declamata e pretesa dai vari governi Berlusconi, Monti, Letta, Renzi) che possono festeggiare l’assunzione in ruolo o l’inserimento in GAE ed altri, con maggiore anzianità di servizio, punteggi altissimi ed anni e anni di formazione oltre che di orgoglioso servizio alla comunità, che annaspano tra supplenze, contratti più o meno rinnovabili, costretti ad effettuare ennesimi concorsi ordinari, con le incognite che questo comporta ma, cosa ancor più vergognosa a nostro avviso, nonostante i titoli abilitanti richiesti già conseguiti e posseduti da anni.
Ci si ritrova così, ad assistere, impotenti e disorientati tra ricorsi e pronunce contraddittorie che, di fronte a “cause seriali, come nella situazione in esame, l’inserimento in Gae di Diplomati Magistrali, stanno comportando forti ripercussioni” come ha affermato il Consiglio di Stato, il quale ha addirittura rimesso all’Adunanza Plenaria, fissata per il 27 aprile 2016, la questione della legittimità del decreto del MIUR in cui non si consentiva l’inserimento in GAE ai possessori di diploma magistrale.

Premesso che i docenti riconoscono e ribadiscono la correttezza e la validità nonché l’equità del sistema concorsuale, vorremmo, però, Signor Presidente, porre alla Sua attenzione la situazione che coinvolge ma soprattutto umilia un precariato fatto di docenti in servizio da 10-15-20 anni, che hanno conseguito una costosa abilitazione, conciliando a fatica il lavoro a scuola con le esigenze personali e familiari, spesso costretti a trasferirsi in altra regione, lasciando anche le proprie famiglie e le proprie culture d’origine, pur di avere un contratto, anche solo a tempo determinato (fine attività didattiche o 30 giugno di ogni anno scolastico); di docenti della scuola dell’infanzia, vincitori di concorso e/o inseriti in GAE ma ingiustamente estromessi dal Piano Nazionale di Assunzioni (legge 107/2015) col pretesto di dovere attendere l’attuazione del percorso 0-6 anni, smentito dalla stessa legge di stabilità; di docenti cui è stata preclusa dal MIUR la possibilità di conseguire abilitazioni per TFA non attivati. Ma soprattutto vorremmo che considerasse le vite dei cittadini onesti che ci sono dietro questi numeri e questi provvedimenti: cittadini stanchi offesi e delusi. Sospesi, come in un limbo, spesso costretti a mettere in pausa sogni, ambizioni, voglia di fare ma soprattutto costretti a “rimandare” progetti di vita di casa di famiglia, nella vana attesa che qualcosa cambi.

Ecco Signor Presidente i fatti e crediamo che ciò non faccia onore a questi vari governi succedutisi, non faccia onore agli italiani onesti ma soprattutto non faccia onore alla nostra meravigliosa Costituzione e al suo diritto insito, per tutti, ad avere un lavoro, una famiglia e un futuro solido e sereno. Vorremmo che lei, Illustre Presidente, si pronunciasse in merito al nostro accorato appello, perché fosse garantito, a tutti, indistintamente, il medesimo trattamento.

Con il rispetto dovuto e con l’onore di sentirsi ancora cittadini italiani, la ringraziamo per l’opportunità concessaci.

Il Comitato precari di Reggio Emilia


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