Rilevazione dei dati sulla crisi dicembre 2014
FOTOGRAFIA DELLA CRISI 2014
L’anno appena iniziato ci consegna il Jobs Act. La nuova Riforma del Lavoro e i dati di quest’ennesimo anno di crisi economica s’intrecciano tratteggiando un quadro a tinte fosche.
Il 2014 si è chiuso registrando una diminuzione, rispetto al biennio precedente, del numero di aziende che ha fatto ricorso agli ammortizzatori sociali (-29,6%) e di lavoratori coinvolti (-27,1%). Allo stesso tempo, nel solo 2014 la crisi ha fatto chiudere i battenti a 4.040 imprese (contro le 3.699 iscritte) per un saldo negativo pari a 341 aziende in meno [dati della Camera di Commercio]. 197 sono stati i fallimenti di cui 39 concordati o liquidazione coatta amministrativa rispetto ai 223 fallimenti del 2013 di cui 53 concordati o procedure coatte amministrative. Mentre i dati divulgati dai Centri per l’Impiego, hanno rilevato un aumento della disoccupazione su base annua pari al 12, 6%.
In termini assoluti parliamo di 3.802 persone in più rispetto al 2013 che vanno a comporre un bacino di 33.903 disoccupati nella nostra Provincia. Rispetto al 2008 il dato è cresciuto del 125,3%.
Anche sul terreno dell’utilizzo degli ammortizzatori, nonostante il dato in calo, i dati non sono confortanti. Dal 2011 ad oggi hanno riguardato costantemente uno zoccolo duro di non meno di 11.000 persone.
CIGO: Nel 2014 sono state autorizzate dall’Inps 7.970.629 ore di Cassa Integrazione Ordinaria coinvolgendo 10.335 lavoratori e 224 aziende. In particolare, delle 7.970.629 ore autorizzate il 63,8% riguarda l’industria, il 12,6% il settore edile e il 14,4% il settore commercio.
Va segnalato che le ore autorizzate non corrispondono a quelle effettivamente utilizzate, che sono notevolmente di più, anche a causa degli enormi ritardi nell’erogazione del Cig, sia ordinaria sia in deroga.
CONTRATTI DI SOLIDARIETA’: A dicembre 2014 sono 74 e coinvolgono 5.632 lavoratori.
Mentre sono giunti al limite concedibile di Contratto di Solidarietà e CIGS in 382 imprese (2009 -2014). Tenendo conto che 31,2% di queste aziende è ricorsa ad entrambi o anche a tre ammortizzatori, con la Cassa in deroga. Il 18,3% delle aziende ha invece cessato l’attività produttiva collocando i lavoratori in mobilità. Il 50,5% delle aziende (con 11.053 lavoratori coinvolti) hanno ripreso la normale attività lavorativa anche se, in diversi casi, il personale è stato ridimensionato anche per il semplice blocco del tourn-over.
CIGS: Le imprese che hanno fatto ricorso alla Cassa integrazione straordinaria a dicembre 2014 sono 40 e interessano 2.983 dipendenti: quasi tutte queste aziende sono in procedura concorsuale o hanno cessato l’attività.
In mancanza di soluzioni alternative alla chiusura (come ad esempio l’acquisizione da parte di terzi), gli addetti rischieranno la collocazione in mobilità al termine dell’utilizzo dell’ammortizzatore.
Sul fronte dei licenziamenti collettivi registriamo, dal 2008 al 2014, l’apertura di PROCEDURE DI MOBILITA’ per 344 aziende e 5.953 lavoratori licenziati.
Nel 2014 sono + 2.022 persone rispetto al 2013 e sono 855 lavoratori nel solo mese di Dicembre. Questo ultimo dato risente dell’entrata in vigore, dal 1 gennaio 2015, della riduzione introdotta dalla Legge 92/2012 (cd. Riforma Fornero) della mobilità indennizzata per lavoratori sopra i 50 anni in aziende sopra i 15 dipendenti, che passa così da 3 a 2 anni.
Fotografano la situazione in maniera preoccupante anche i dati sulla DISOCCUPAZIONE dei centri per l’Impiego laddove emerge che il 41,1% ha un’età tra i 15 e i 39 anni e il 36,6% ha un’età tra 40 e i 54 anni. Ma anche che quasi il 50% degli iscritti ha un’anzianità di iscrizione da uno a 12 mesi.
Nel 2014 calano del 1,86% rispetto al 2013 gli avviamenti al lavoro a tempo indeterminato (sono l’11, 24%) e calano del 1,9% i tempi pieni (sono il 70,9%) a favore dei part time che crescono del 1,9% (sono il 31%) registrando che l’88,76% degli avviamenti lavorativi è rappresentato da rapporti a tempo determinato e precari a vario titolo.
Sul totale il 64,7% è avvenuto nei servizi, il 27% nell’industria e l’8,3% nell’agricoltura.
Inoltre, nel computo tra avviamenti al lavoro e cessazioni di lavoro vediamo che, dal 2009 ad oggi, il saldo rimane negativo e si accentua: infatti a fronte di 55.597 lavoratori coinvolti in cessazioni di lavoro (usciti) ce ne sono solo 51.564 coinvolti in percorsi di avviamento (entrati).
In questi anni le persone avviate al lavoro sono state sempre meno, passando da 64.975 del 2008 a 51.564 del 2014 (-13.411), un dato che dimostra un arretramento della nostra base produttiva e una sempre più scarsa dinamicità della stessa, a beneficio di uno sistema bloccato.
Anche nella nostra Provincia si delinea un panorama dove non si intravede una ripresa in tempi brevi e dove la crisi sembra aver messo radici.
Le scelte che il Governo Renzi ha fatto materia di lavoro, dal Jobs Act a quanto previsto nella legge di Stabilità 2015 disegnano un futuro nel quale le lavoratrici e i lavoratori saranno talmente precari e facilmente licenziabili da consentire alle aziende di non dover ricorrere agli ammortizzatori perché il problema non esiterà più.
Il governo si è mosso in questo senso:
– da un lato, per rispondere alle esigenze di flessibilità delle aziende, ha liberalizzato i contratti a termine, prevedendone l’acausalità e la possibilità di proroga per 8 volte in 36 mesi. E nessuna delle 40 tipologie contrattuali è stata eliminata.
– dall’altro, con il Jobs Act e il cosidetto “contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti” si è prodotto l’abrogazione dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori prevedendo che, in caso di licenziamento illegittimo il lavoratore non abbia più diritto alla reintegra nel posto di lavoro ma ad un risarcimento del danno.
A questa misura si accompagna l’esonero dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro in caso di assunzioni a tempo indeterminato per i primi tre anni, fino al limite di € 8.060,00 per anno, oltre allo sgravio dell’IRAP. Gli incentivi per le assunzioni sarebbero positivi se erogati “selettivamente”, premiando cioè i datori di lavoro che incrementano l’occupazione stabile. E non erogati a pioggia favorendo speculazioni sulla norma stessa: paradossalmente un licenziamento dopo 12 mesi costerà € 4.800 e una assunzione ne farà risparmiare € 8.060. Allora, in questo momento di stallo economico (pil fermo, salari e consumi in calo) ci domandiamo retoricamente se, incentivi così allettanti, non prooducano in definitiva una “sostituzione” di lavoratori e non una “creazione” ex novo di posti di lavoro; ci chiediamo se la risposta ai temi occupazionale non fosse più facile reperirla nell’abrogazione della Legge Fornero sulle pensioni e dare cosi la possibilità di un ricambio generazionale nel mercato del lavoro.
La tenuta socio-occupazionale del nostro Paese subisce un’ulteriore scossone dalle previste riduzioni delle coperture degli ammortizzatori sociali: nel 2015 la Cassa integrazione in deroga potrà essere concessa fino ad un massimo di cinque mesi, viene abrogata la Cassa Integrazione Straordinaria per le imprese che cessano in tutto o in parte l’attività produttiva, non sono stati finanziati i contratti di solidarietà per le imprese con meno di 15 dipendenti. Viene ridotta la copertura temporale della mobilità, che scomparirà dal 2017, da Maggio 2015 entrerà in vigore la NASPI (al posto dell’AsPI, che ha sostituito la disoccupazione) riducendone gli importi.
Dopo un anno di governo Renzi, in sostanziale continuità con le politiche di austerità portate avanti dai precedenti governi Berlusconi- Monti- Letta, e dopo il Jobs Act , possiamo affermare che nulla è cambiato. Si continua a portare avanti una politica di sussidi alle imprese che non produce nè sviluppo nè crescita . Al contrario, bisognerebbe ragionare di politica economica espansiva e di intervento pubblico dominante per far ripartire il sistema Paese.