“PUNTO NASCITA” E OSPEDALE DI CASTELNOVO MONTI: SI PERCORRANO TUTTE LE VIE PER VALORIZZARE IL PRESIDIO OSPEDALIERO

17 Ottobre 2015

NASCITE

LA CGIL DI REGGIO EMILIA E LA CISL EMILIA CENTRALE TORNANO SUL TEMA DELLA RIORGANIZZAZIONE DEL SANT’ANNA DI CASTELNOVO MONTI “SIAMO PERPLESSI PER IL PROGETTO DI SMANTELLAMENTO DEL PUNTO NASCITE”
Siamo sempre stati contrari a qualsiasi idea d’applicazione tout court delle leggi, alle scelte dei tagli “lineari” perché, in quanto tali, non sempre tengono conto delle particolarità e della necessità di fare invece scelte mirate, che rispondano “meglio” alle esigenze di un territorio e dei suoi cittadini – fanno sapere Cgil e Cisl reggiane – Per questo esprimiamo la nostra perplessità sul progetto di smantellamento del Punto Nascita del S. Anna sul quale abbiamo assistito a valutazioni e prese di posizione diverse: chi lo valuta necessario per una questione di sostenibilità, chi ha chiamato in causa la sicurezza del bambino e della madre, chi ancora ritiene necessario recepire l’accordo Stato-Regioni che prevede la chiusura dei punti nascita con un volume di attività inferiore a 500 parti all’anno.
Sono valutazioni e posizioni legittime ma riteniamo che guardare e valutare secondo questi aspetti presi separatamente e in modo avulso dalla realtà, anche geografica, del territorio significa avere uno sguardo miope.
Pensiamo che la risposta debba essere quella di PERCORRERE TUTTI I TENTATIVI PER MANTENERE IL REPARTO DI OSTETRICIA, con soluzioni in grado di coniugare la qualità dell’assistenza sanitaria, la sicurezza della madre e del bambino con quella degli operatori sanitari, tutti, e quello della sostenibilità.

Farlo non solo è possibile, ma è quello che avviene già in altri Paesi europei come Germania, Svizzera, Austria dove sono state adottate modalità organizzative in grado di garantire qualità sicurezza e capillarità anche in presenza di un numero di parti inferiore ai 500. Deroga comunque prevista anche dall’accordo Stato-Regioni del 2010.

Se è vero ciò che è scritto efficacemente, e noi riteniamo sia vero, che va garantita una sanità a “360 gradi”, in questo momento tutti i soggetti coinvolti (in primis i dirigenti dell’AUSL e gli amministratori dei comuni reggiani) dovrebbero chiedersi quanta e quale sanità è necessaria alla popolazione della montagna, cercando la risposta in una discussione che coinvolga le forze sociali, le cittadine ed i cittadini del territorio. Solo così si può evitare che un’intera comunità si senta abbandonata, non considerata dalla politica e dalle scelte maturate in ambiti della politica senza che siano tenuta nella dovuta considerazione le peculiarità e le istanze locali.

In questo senso va riallacciato il filo del dialogo che renda evidente come vi sia l’impegno non a svuotare progressivamente l’Ospedale bensì a valorizzarlo, tenendo conto della centralità di questa struttura sanitaria per i cittadini del territorio ed evitando che un suo ridimensionamento diventi concausa dello spopolamento della montagna.
Come emerge infatti da tutte le analisi e gli studi dell’Osservatorio per la legalità, l’economia e la coesione sociale dell’Appennino Reggiano, il territorio della nostra montagna presenta un tessuto socio economico che richiede di essere valorizzato, sul quale è necessario investire, piuttosto che disinvestire.

Il confronto allora si allarghi: oltre che al punto nascita si discuta del futuro di questo ospedale e la politica presidi adeguatamente in stretto rapporto con i cittadini i luoghi in cui si prendono decisioni con ricadute così importanti per la loro vita e per il territorio.

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