EMILIA SVEGLIATI! Riconoscere e denunciare la realtà e il primo passo per cambiarla

8 Aprile 2015
EMILIA SVEGLIATI! Riconoscere e denunciare la realtà e il primo passo per cambiarla
EMILIA SVEGLIATI
Riconoscere e denunciare la realtà è il primo passo per cambiarla”
Ne abbiamo parlato con Luca Ponzi, giornalista Rai; Elia Minari, Cortorcuito; Massimo Mezzetti, assessore regionale alla cultura, politiche giovanili e legalità; Manuel Masini, Libera Reggio Emilia e Guido Mora, segretario della Camera del Lavoro di Reggio.

Era il 10 marzo del 1948 quando fu ucciso dalla mafia Placido Rizzotto, sindacalista della Cgil nel dopoguerra italiano. Nella stessa data, a 67 anni di distanza, la Cgil ha organizzato una giornata dedicata al tema delle sempre più pressanti penetrazioni mafiose nel tessuto economico-sociale reggiano ed emiliano. Lo ha fatto, a partire da un momento di formazione interna per i propri operatori e sindacalisti, ma anche in un incontro pubblico svoltosi in serata al Teatro del Fiume di Boretto. In quella Bassa reggiana dove, già dall’estate scorsa, grazie all’impegno del gruppo di studenti della web tv Cortocircuito, erano emersi evidenti segnali di frammentazione di una coscienza civile che, negando, nascondendo e camuffando le storture profonde del proprio tessuto economico, politico e sociale, degenera in conformismo e complice accettazione dellostatus quo.
Quando i membri di una comunità diventano semplicemente indifferenti a quanto accade attorno a loro e le parole “criminalità organizzata” e “mafia” provocano uno stupore di comodo allora il diritto di stupirsi diviene un diritto abusato e mistificato.
“E’ un territorio che non ha il diritto di stupirsi perché questo territorio ha consentito alla mafia di lavorare– dice a proposito Luca Ponzi, giornalista Rai da anni impegnato su questi temi – Lo hanno fatto gli emiliano-romagnoli, le nostre imprese, anche le cooperative, in un processo di responsabilità di sistema, che va oltre i singoli”.
La mafia, in tutte le sue sfaccettature, si sa, segue la scia del denaro. In un territorio ricco come l’Emilia Romagna si è allora sopravvalutato il proprio sistema immunitario, lo hanno fatto tutti, forse per comodità o forse per ignavia, e il virus si è diffuso in una condizione di generale debolezza del dello Stato.
“ Pensavamo che i diritti, la democrazia, la legalità – racconta Elia Minari, giovane coordinatore di Cortocircuito – qui non venissero mai messi in discussione, ma ci è bastato cominciare a farci delle domande, ad aver bisogno di capire, per renderci conto che non era cosi”.
L’inchiesta Aemilia, e il grande impatto mediatico che i 117 arresti in regione e il giro di affari calcolato hanno prodotto, diventa allora come una grande sveglia puntata che non smette di suonare. Che chiama in causa tutti: il mondo imprenditoriale, le associazioni, la politica. “Ignorare il fenomeno non è più possibile – afferma dal tavolo dei relatori Massimo Mezzetti, assessore regionale alla cultura, politiche giovanili e legalità – l’inchiesta Aemilia ci dato la misura di un fenomeno ad altissima intensità. Un fenomeno di massima raffinatezza, dove mafia vuol dire business e dove chi pensa ancora al mafioso con “la coppola e la lupara” ha sbagliato tutto”.
La mafia non è un problema del sud. La mafia è un problema del Paese che è stata trattato attraverso condotte sia di rimozione dello stesso, sia di grandi generalizzazioni. “Se si è arrivato a questo punto vuol dire che c’è un passato dietro di noi ricco di sottovalutazioni di comodo del fenomeno – sostiene Guido Mora – Pensare di non prendere in mano il problema significa non avere capito che la posta in gioco non è convivere con un pezzo di sistema corrotto, ma rischiare che tutto il contesto locale venga contagiato. In questo sistema il rapporto tra irregolarità nel lavoro e imprese della criminalità organizzata è evidente. Per questo abbiamo chiesto un tavolo istituzionale che chiami tutti alle proprie responsabilità e produca degli atti concreti a cominciare dalle regole sugli appalti pubblici”.
Non siamo davanti ad un’emergenza imprevista da fronteggiare con mezzi di fortuna, siamo davanti ad un fenomeno strutturato che va smontato pezzo per pezzo, ognuno per la propria parte. Sapendo che una delle difficoltà maggiori con cui fare i conti è data dal predominante modello economico e culturale neoliberista che è l’humus ideale perché le mafie prosperino.
Il prossimo appuntamento, ha ricordato infine Manuel Masini, coordinatore di Libera a Reggio Emilia, è il 21 marzo a Bologna, per la XX giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie: “La verità illumina la giustizia”.

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