COOPERAZIONE: LA CRISI IN CINQUE PUNTI

23 Novembre 2015

Pubblichiamo l’editoriale di Guido Mora, segretario generale della Camera del Lavoro di Reggio Emilia, apparso sulla Gazzetta di Reggio di venerdì 20 novembre 2015 in occasione della Tavola rotonda che la Camera del lavoro, il Centro studi R60, la Fondazione Claudio Sabattini in collaborazione con la rivista Inchiesta hanno organizzato per indagare le cause della crisi del modello cooperativo sul nostro territorio e più in generale nel nostro Paese.

cooperative

Dopo il default di gran parte delle cooperative edili e dopo i recenti scandali di corruzione e illegalità che hanno coinvolto coop a valenza nazionale, come CGIL vogliamo riprendere il confronto e ripartire dalle ragioni che hanno portato la cooperazione ad una crisi di sistema, in una dimensione non solo locale. E’ con questo scopo che abbiamo organizzato una Tavola rotonda capace di aggregare percorsi diversi e di partire da un’analisi della storia recente per contribuire ad una proposta di rinnovamento.
A mio avviso sono cinque i punti da cui partire.

Primo. Credo che una grande responsabilità sia da attribuire al potere discrezionale dei manager nelle coop in crisi . Potere mai sottoposto ad una reale e competente verifica dei risultati di gestione e adeguatezza strategica delle scelte da parte dei soci che hanno quasi sempre delegato in bianco. Manager inchiodati per decenni al proprio ruolo, che si sono attorniati di staff obbedienti e che hanno completamente assimilato cultura e pratiche di business, tipiche delle imprese private piuttosto che recanti i connotati valoriali dell’identità cooperativa.

Secondo. Il ruolo dei soci nel contesto di mutazione antropologica del funzionamento delle cooperative. Qui sono mancati gli anticorpi, ovvero quel contrappeso che se esercitato in tutte le sedi, comprese le assemblee di bilancio, avrebbe potuto far correggere scelte e rotte sbagliate. Il granitico e prolungato consenso di tanti soci agli errori dei dirigenti che ha spesso soffocato anche i più timidi tentativi di aprire, da parte del sindacato, un confronto, sia all’interno della cooperazione sia all’esterno, con le associazioni cooperative. Proprio al fine di deviare o fermare la deriva negativa: questo vale per Cmr, Orion, Cormo, Coopsette. Ma anche in tanti altri casi fuori da Reggio Emilia.

Terzo. “Crescere senza perdere l’anima”. Era lo slogan in voga una decina di anni fa quando all’interno del sistema cooperativo si misero in contrapposizione l’indipendenza della singola coop e l’esistenza del movimento stesso. Alla fine si perse l’anima, ovvero i valori originari e l’impegno vincolante per le future generazioni.

Quarto. Lo scioglimento delle forme di controllo ideologico e il venir meno della missione politica delle coop nel determinare un differente orizzonte economico e sociale da quello del mercato. La stessa distintività, tanto declamata, ha vacillato e portato all’omologazione con il privato appannando le pratiche di democrazia e partecipazione interna.

Quinto. Si è impropriamente utilizzata in questi anni la forma cooperativa in pezzi rilevanti del mondo cooperativo stesso, ma anche nell’ambito delle esternalizzazioni del privato, cioè negli appalti, per realizzare processi di devastazione dei diritti dei lavoratori. Pensiamo alle migliaia di partite iva nell’edilizia, al facchinaggio e alle coop sociali.
Tutti questi punti, senza pretesa di esaustività, hanno contribuito a portare il sistema cooperativo alla disfatta odierna. Prenderne consapevolezza è necessario per ripartire, perché senza un’analisi realistica, anche se dura, sul presente non si può pensare di costruire un futuro diverso.

Reggio Emilia, li 19 Novembre 2015

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